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mercoledì 22 febbraio 2012

Difese di spiaggia

In ricordo dell' ingegnere Vittorio Marconi, persona a noi cara, che ci diede "in eredità" questo studio, realizzato insieme all'ing. Matteotti e all'ing. De Santis nell'Istituto di Costruzioni Marittime e di Geotecnica dell'Università di Padova. 
Studio che finora non ha avuto applicazioni pratiche di sperimentazione a causa dei soliti interessi "particolari" legati  alla protezione dei litorali.
Noi pensiamo invece che, visto il continuo persistere del problema dell'erosione delle spiagge, sia per cause naturali sia per effetto di opere a mare, legate al pur necessario sviluppo portuale principale, rappresenta a tutt'oggi una valida alternativa al metodo del continuo e costoso ripascimento meccanico delle spiagge stesse.
Ripubblichiamo lo studio ad uso e consumo dei nostri Amministratori, che possono farlo proprio essendo oramai libero, dopo tanti anni, da diritti d'autore. Insomma "free".

Ci piacerebbe soltanto che il suo recepimento fosse legato alla menzione della fonte originale, come pensiamo avrebbe fatto piacere all'ingegnere.


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Nel 1979 l'ing. V. Marconi, vista la pesante situazione prodotta dalle scogliere frangiflutti sul litorale pescarese, pubblicò questo studio su di una nuova tipologia di scogliera che proteggesse comunque l'arenile dalle mareggiate, ma che altresì non avesse scompensi a monte e a valle delle stesse.

Autori:
Prof. Ing. Giuseppe MATTEOTTI
Dott. Ing. Maurizio DE SANTIS
Dott. Ing. Vittorio MARCONI

UNIVERSITA' DI PADOVA

Istituto di Costruzioni Marittime e di Geotecnica



INDICE 
 1 - PREMESSE
2 - CONFRONTO SINTETICO DELLA STRUTTURA E DEL COMPORTAMENTO DEI DUE        TIPI DI DIFESA PARALLELA
3 - INTRODUZIONE Al MODELLI FISICI CON FONDO MOBILE
4 - STUDIO SU MODELLO DEL COMPORTAMENTO DEI DUE TIPI DI DIFESA
5 - OSSERVAZIONI CONCLUSIVE


1 - PREMESSE

La morfologia delle spiagge (intese tecnicamente come aree nastriformi a cavallo di un litorale), dipende - come è noto -  essenzialmente dal movimento della sabbia al fondo lungo il litorale (trasporto solido) e dal bilancio di questo con l'apporto solido che viene immesso dai fiumi sullo stesso litorale.

Un tale bilancio è oggi sempre più sfasato per processi che dipendono, più che da fenomeni naturali, dal massiccio intervento dell'uomo sullo stato naturale dell'ambiente.

L' erosione delle coste rappresenta un problema che si pone su scala mondiale. Ad esempio negli Stati Uniti d' America, secondo gli esperti locali, un simile fenomeno, e la conseguente necessità di difesa delle spiagge, interessa attualmente uno sviluppo di circa 2500 miglia di coste.

In Italia si hanno dati meno precisi; ma nel rapporto della Commissione per la situazione idraulica e la difesa del suolo edito nel 1970, i compianti e noti studiosi Proff. De Marchi e Ferro stimavano, a quella data, in circa 1000 km le coste bisognose di un qualche sistema di intervento. Oggi a 10 anni di distanza dal precedente rapporto, tenendo fede alle notizie che giungono da più fonti di informazione, si può stimare che siano 2000 i chilometri di costa italiana da sistemare, molti dei quali con particolare urgenza.

Non è quindi una novità che l'ingegneria costiera, come scienza che studia i fenomeni di squilibrio dei litorali e le modalità più opportune di difesa, sia diventata sempre più attuale, ma soprattutto più razionale nella ricerca delle opere di intervento per fare fronte ai pericoli di erosione lamentati.

Tuttavia nel nostro Paese non sembra che questa attualità abbia seguito di pari passo lo sviluppo raggiunto negli altri paesi più evoluti (come gli Stati Uniti, l'Inghilterra, l'Olanda) o tradizionalmente legati al mare (come il Portogallo e la Spagna).

In Italia - che per forza di cose è di tradizione marittima - si è generalmente operato in maniera piuttosto empirica ad opera di vari Enti ed Amministrazioni che, pur animati da buona volontà e spesso sotto l'assillante necessità, imposta da eventi più o meno eccezionali ed improvvisi, sono intervenuti con provvedimenti di difesa qualche volta efficaci ma spesso controproducenti, ovviamente per mancanza di analisi convincenti del fenomeno e per ignoranza del comportamento e delle funzioni delle varie opere in relazione alla particolare esposizione dei paraggi.

Secondo un vecchio ma valido concetto dinamico una spiaggia è intesa come un deposito di sabbia "in transito", il quale rappresenta il risultato dell'apporto di materiale litoide dei bacini imbriferi, convogliato in mare dai corsi d'acqua e poi distribuito al fondo del mare lungo due direzioni fondamentali (parallela e normale al litorale) per opera prevalente del moto ondoso. Se in un definito tratto di litorale vi è scarso apporto dai bacini tributari o insignificante componente di flusso d'energia (determinato dal moto ondoso) parallelo al litorale, si perviene ad un impoverimento graduale di sabbia sulle spiagge con arretramento delle stesse, dando luogo al fenomeno che va sotto il nome di erosione.

In Italia è norma usuale di ricorrere per questo tipo di erosione ad opere di difesa parallele alla costa, poste grosso modo sulla fascia della spiaggia immersa, sede dei frangenti, e comunque su fondali limitati.

La difesa operata da una serie di dighe in scogliera naturale (frangiflutti), posti su fondali limitati con il loro asse longitudinale parallelo alla costa, conduce ad un risultato valido quando il problema è stato impostato in un contesto appropriato.

Pur tuttavia e per contro è noto che la costituzione di questo valido presidio, per un litorale in erosione, produce esiti collaterali sfavorevoli in tutti quei casi dove la spiaggia ha anche una destinazione turistico-balneare.

Infatti la formazione dei "tomboli" a tergo di dette opere, comporta una stagnazione delle acque, con accumulo di rifiuti solidi. Il profilo risultante dei fondali diventa tale da presentare pericolo per i bagnanti inesperti al nuoto, a causa della formazione di fosse a ridosso delle stesse dighe fronte mare e sulle n aperture delimitate dagli (n+1) tronchi di dighe, che rappresentano l'opera globale di difesa del litorale considerato.

Inoltre dal punto di vista del complessivo comportamento di questo tipo di intervento si nota che lo stesso bloccando quasi, se non totalmente, il trasporto solido sul tratto di litorale da difendere, produce nelle zone a monte e a valle di questo uno squilibrio, in forza del quale si innesca anche in tratti di spiaggia, prima stabili, un processo di erosione tale da comportare ulteriori interventi.

In ogni caso pertanto la loro adozione deve essere attentamente valutata e seguita nel tempo per non perseguire risultati tali da invalidare la scelta dell'intervento realizzato.
Il noto comportamento, di cui abbiamo analizzato gli effetti, è certamente una conseguenza della impermeabilità della scogliera nei confronti del passaggio della sabbia nel suo va e vieni rispetto alla parte emersa della spiaggia, causato normalmente dalle onde che la investono.

Viene così legittimo proporre una difesa analoga alla tradizionale scogliera, quanto ad ubicazione, ma diversa quanto a struttura, la quale consenta, sia pure in maniera vincolata e particolare, il movimento di materiale attraverso l'opera stessa.

In questo caso, l'opera di difesa parallela potrebbe così avere una struttura analoga a quella usata per i cosiddetti pennelli trasparenti ed essere costituita da una serie di elementi verticali prefabbricati.
 2 - CONFRONTO SINTETICO DELLA STRUTTURA E DEL COMPORTAMENTO DEI DUE TIPI DI DIFESA PARALLELA

L' opera classica di difesa parallela alla costa - particolarmente usata in Italia - è costituita da piccole dighe a scogliera poste in serie, che ricalcano la struttura dei moli foranei portuali. In quest'ultimo caso è noto però che la formazione dell'opera, oltre ad ubicare la difesa di norma su fondali decisamente fuori dalla zona dei frangenti, richiede maggiori cure di esecuzione e l'uso di materiali con pezzature più selezionate e quindi più costosi.

Nel caso di opere più modeste per difesa di spiaggia, queste vengono ubicate su fondali molto minori dei precedenti, dove le onde arrivano già frante e quindi con un'energia ridotta.
Tuttavia anche per esse si deve prevedere uno strato di copertura con funzione resistente al moto ondoso ed un nucleo interno secondo lo schema di figura 1.


Figura 1: Difesa a scogliera 

 Lo strato di copertura viene dimensionato con le usuali formule empiriche tipo W.E.S. (Hudson) leggermente variate per la minore preoccupazione statica. 
Il peso degli elementi fornito dalla formula non è considerato rigidamente entro uno stretto intervallo di tolleranza, come per le opere portuali, ma è inteso come valore medio P50 di un intervallo più ampio che ha come estremi i pesi pari a 3,6 P50 e 0.22 P50.

In tale maniera si accetta una degradazione più marcata della scarpata della diga sotto l'urto delle mareggiate per consentire l'uso di un materiale meno uniforme e quindi più economico. 
Rimane tuttavia, nonostante l'effetto difensivo raggiungibile, il problema delle erosioni al piede della scarpata fronte mare delle dighe, che è un inconveniente serio e di difficile soluzione, tale da accelerare la distruzione dell'opera.
In alternativa al tipo di difesa precedente, l'opera qui concepita ha una struttura composta da pali in cemento armato, infissi nella sabbia e disposti a quinconce, collegati da membrature orizzontali a più livelli secondo lo schema di figura 2.



Figura 2: Difesa semi-permeabile


Il complesso di elementi verticali ed orizzontali, una volta posto in opera, conferisce al manufatto una sufficiente stabilità per resistere alle sollecitazioni del moto ondoso.
Nello stesso tempo però l'opera non costituisce una soluzione di continuità, come nel caso precedente, fra il mare aperto e quello ridossato verso la costa. 

Al contrario essa, permettendo una certa comunicabilità fra i due specchi d'acqua, pur determinando in quello ridossato una condizione di relativa calma, dovrebbe consentire una migliore distribuzione delle particelle solide, che si depositano a valle dei frangenti raggiungendo in definitiva un profilo trasversale più lineare, eliminando certamente il problema dell'erosione notata precedentemente.

E' il caso di osservare - poiché ci si preoccupa dell'aspetto turistico delle spiagge - che un tale tipo di difesa potrà essere munita di scalette, anelloni di ancoraggio, piano superiore camminabile e di tanti altri accessori per l'attività balneare.

Al presente l'efficacia ed il comportamento o meglio il confronto di questi diversi tipi di difesa nei due casi non sono dati a conoscere da una sperimentazione diretta.
A conoscenza degli Autori non è reperibile nella letteratura tecnica specifica una casistica che consenta un sufficiente criterio di giudizio.

Si è cosi ritenuto di porre a confronto opere di cosi diversa concezione ricorrendo a prove di similitudine in modello, ipotizzando una spiaggia in erosione che sia nelle condizioni citate al paragrafo 1 e che richieda, quindi, una difesa parallela.


 3 - INTRODUZIONE AI MODELLI FISICI CON FONDO MOBILE

L'ingegnere di fronte alla necessità di risolvere problemi reali, che si riferiscono a squilibri di un litorale, ricorre sempre più frequentemente a modelli a fondo mobile nel tentativo di avere valide risposte da interpolare ai prototipi.

I modelli in generale vengono impostati per riprodurre in scala ridotta i fenomeni fisici dominanti nel reale, e generalmente richiedono due fasi metodologiche.

Dapprima devono essere identificati i fenomeni dominanti e quindi si deve dimostrare la possibilità di riprodurli su modello in scala ridotta.

Nel caso di modelli a fondo mobile non è ancora chiaro se queste due fasi possano trovare una precisa e sincrona rispondenza; ma tuttavia al presente un notevole passo avanti è stato fatto per riprodurre fenomeni costieri in similitudine, nell'intento di ricavare da questa informazioni qualitative e possibilmente quantitative da utilizzare per la soluzione di un problema pratico immediato.

La trasposizione delle informazioni del modello sono tuttavia molto legate alle modalità di sperimentazione e - è doveroso notare - alla esperienza pratica dello sperimentatore, per cui l'estrapolazione dei risultati alla realtà non è così immediata come potrebbe credersi; in altre parole essa può essere considerata ancora più che una scienza un'arte.

Il criterio base di similitudine per un modello a fondo mobile è quella della riproducibilità dei profili di equilibrio di una spiaggia sotto l'azione di tipi similari di mareggiate.

In particolare i classici profili "estivo" ed "'invernale", contenenti le barre di fondo caratteristiche delle spiagge reali, devono essere riproducibili in modello.

In questa prospettiva, nel definire le caratteristiche del modello, è in generale necessaria la scelta di quattro parametri, che in definitiva vincolano il rapporto di scala n fra tutte le grandezze p in gioco del modello e del prototipo, cioè  
 np = pM / pP .

Essi sono:
- la scala orizzontale L (cioè il rapporto delle distanze xM  del modello con quelle XP del          prototipo);
- la scala verticale M;
- il diametro medio D50 della sabbia;
- il peso specifico assoluto relativo G' = GS - Ga.

E' evidente che le relazioni appropriate fra questi quattro parametri, tali cioè da                produrre identici profili nel prototipo e nel modello, rappresentano la giusta scelta del modello stesso.

E' stato possibile dedurre, confrontando i dati sperimentali con quelli della realtà, leggi fisiche del modello per una riproducibilità ammissibile dei fenomeni (1) (2). 
Esse vengono definite in relazione anche all'esperienza dei vari Autori. 

Ad esempio nel laboratorio di Pasadena si sono determinate le seguenti espressioni:

 nD  nG'  ^1,46= m ^0,55

L = m ^1, 32 (n G')^- 0,35

le quali stanno ad indicare che lo sperimentatore ha la libertà di scelta di soli due dei quattro parametri fondamentali mentre gli altri due sono automaticamente conseguenti. 

E' anche interessante notare che, applicando simili leggi, è usualmente necessario introdurre una distorsione delle scale orizzontali e verticali W = L / m   con un valore di W diverso da 1 per ottenere la similitudine dei fenomeni.

Nell'impostare modelli a fondo mobile, per esaminare i fenomeni riproducibili nella realtà, l'esperienza porta inoltre a consigliare alcune norme pratiche da tener presenti.

Anzitutto il modello deve essere il più grande possibile per aumentare il grado di attendibilità delle prove. 
Il materiale, che riproduce la sabbia della spiaggia prototipo, può agevolmente essere costituito da una sabbia naturale, purché il diametro mediano D50P sia superiore a 0.2 mm e quello D50M (risultato dalla scelta delle scale) sia superiore a 0.1 mm; diversamente si dovrà ricorrere a materiali artificiali con peso specifico assoluto inferiore a quello della sabbia, che mediamente vale 2.65.

Nell'interpretazione dei risultati infine viene da osservare che la variazione dei profili di spiaggia sono più sensibili alle piccole variazioni dell'altezza d'onda incidente per condizioni di bassa pendenza H/L dell'onda più che per quella di forte pendenza (onde di tempesta).


4 - STUDIO SU MODELLO DEL COMPORTAMENTO DEI DUE TIPI DI DIFESA

Il confronto dell'efficacia delle due opere, prese in considerazione come tema della presente memoria tecnica, è stato osservato eseguendo ad hoc un modello a fondo mobile nel laboratorio dell'Istituto di Costruzioni Marittime e di Geotecnica dell'Università di Padova.

4.1 - Con le dimensioni della vasca (20 x 24 m) a disposizione, dove sono state eseguite le sperimentazioni, è stata scelta una porzione rettilinea di litorale veneto riproducibile in una scala orizzontale L = 1 / 150. 

Per simulare i sedimenti è stata utilizzata della bakelite, materiale artificiale avente peso specifico assoluto G = 1.38. 

Con riferimento al peso specifico della sabbia del prototipo (G = 2.60) ne risulta una scala per i pesi specifici relativi (nella ipotesi che l'acqua di mare abbia Ga = 1)

nG' = (1.38-1) / (2.60-1) = 1 / 4.21

Ciò comporta, secondo i criteri di Goddet e Valembois, l'impiego nel modello di un sedimento avente una scala dei diametri nD = (DP)^-1/3 .

Per quanto riguarda la scelta della scala verticale, si è tenuto conto delle esperienze ottenute con analoghi modelli, che hanno utilizzato come sedimento la bakelite, e che hanno consigliato l'uso di una distorsione W = L / m compresa tra 2 e 4.

D'altro canto esiste una relazione che lega la scala delle verticali con la distorsione delle altezze d 'onda W H e la scala dei pesi specifici G'.

 m = (nG' )^3 (WH )^- 4  (nj )^2/ 3

essendo nj  la scala delle viscosità molto prossima ad 1.

Pertanto supponendo nj = 1 si ottiene

m = (nG' )^3 (WH )^-4 

per cui nel caso in questione fissando per m un valore 1 / 60 risulta un valore di WH di circa 0.95.

Se WH=0.95 significa che le altezze delle onde devono essere riprodotte in scala 0.95 m = 1 / 63 valore questo che poco si discosta dal valore della scala delle verticali.

La scala dei tempi, relativamente al periodo del moto ondoso, è data da

 nT = (m)^1/2 = 1  /  7,75.

In definitiva, e riassumendo, le scale adottate per la costruzione del modello, sono state :

- scala geometrica delle orizzontali lL= 1 / 150
- scala geometrica delle verticali m = 1 / 60
- scala dei volumi nv = 1 / 1.350.000
- distorsione W = 2,5
- scala delle densità apparenti nG' = 14,21
- scala dei diametri nD = 1,61 / 1
- scala del periodo dell'onda nT = 1 / 7.75

 4.2 - Per la taratura del modello e per la determinazione della scala dei tempi sedimentologici, in mancanza di rilievi in sito di moto ondoso e di trasporto solido, si è fatto uso della formula di Castanho (4) che calcola il trasporto solido litoraneo in funzione dell'altezza e del periodo dell'onda e dell'angolo formato dalla cresta dell'onda con il litorale, in simboli:

   Q=1.15 ( H30 / T ) sen (5/2 a0 cos a0)  (m3/s)

dove il simbolo "o" si riferisce a grandezze in acque profonde al largo.

 Nella metodologia corrente una volta calcolata la quantità di trasporto solido, messa m movimento da un certo dominio di onde, questo viene riprodotto in modello nelle scale appropriate, mentre si misura la quantità di sedimento che si deposita in una "trappola" predisposta al limite del modello stesso.

Il rapporto tra le due quantità di sedimenti, e cioè fra quella misurata in modello e quella calcolata con la formula di Castanho (4), costituisce la scala dei tempi sedimentologici, cioè di quei tempi che presiedono alla evoluzione del litorale. 

4.3 - Nella fattispecie il modello, che riproduce un tratto di spiaggia rettilineo a granulometria sottile e debole pendenza tipica in tutto l' Adriatico, ha fatto riferimento ad un regime del moto ondoso riprodotto corrispondente ad una tipica situazione che si può presentare lungo le coste dello stesso mare. 

In tale maniera il risultato, acquisito durante tutte le fasi delle sperimentazioni, può essere considerato il più generale possibile.
In pratica nel modello è stata ricostruita una spiaggia in erosione, dove il bilancio tra materiale proveniente dalle zone limitrofe e quello asportato dal moto ondoso risulta nettamente deficitario.

L'evoluzione del fondale e della linea di spiaggia (litorale) è stata seguita per un totale di tre cicli di moto ondoso. 

Ogni ciclo del modello ha riprodotto gli effetti che si possono verificare, per le stesse ipotesi, nel prototipo durante un anno di agitazioni di moto ondoso (sommatoria dell'energia di due tipi di onde corte o invernali e lunghe o estive, provenienti da tre diverse direzioni) così come è risultato dall'applicazione della scala sedimentologica di cui si è precedentemente dato cenno.

Alla fine di ogni ciclo sono state rilevate alcune sezioni normali alla costa mentre per la situazione finale si è provveduto a rilevare l'andamento di tutto il tratto di litorale interessato dal modello.
Dall'esame delle sezioni rilevate (cfr. figure 4 e 5) alla fine delle  esperienze si può notare una manifesta tendenza all'erosione, con un arretramento del litorale, quantificabile nella realtà tra i 36.00 ed i 52.00 m.

4.4 - Una volta verificata la fenomenologia erosiva del litorale, riprodotta in modello, si è passati all'esame dell'effetto difensivo prodotto dapprima da un'opera tradizionale a scogliera (figura 1).

In questo caso analogamente a quanto fatto per la spiaggia non protetta si sono riprodotti tre cicli di moto ondoso e si è provveduto a rilevare alcune sezioni e la linea di spiaggia.

Dall'esame di queste (cfr. figura 4) si può notare come, a tergo dell'opera in scogliera, si realizzi un rilevante fenomeno di ripascimento; per contro tra le dighe, all'esterno di esse e specie al piede delle stesse si può notare un fenomeno di erosione con la comparsa di canali profondi, che la scala distorta dei grafici mette bene in evidenza.

La linea di spiaggia finale presenta la caratteristica forma a "tomboli" separati da specchi d'acqua, in cui la profondità varia bruscamente. Ciò è bene visualizzato dalla fotografia di figura 6a. 


4.5 - Con la medesima metodologia sperimentale è stato poi studiato l'effetto della difesa costituita da una serie di opere parallele alla costa del tipo semipermeabile, così come proposto e descritto nel paragrafo n. 2 (cfr. figure 2 e 3)

Figura 3 - Fotografia prospettica di una diga semipermeabile a pali. 


Figura 4 - Difesa con scogliere. 


 Figura 5 - Difesa con palificate. 
                                                 
 La loro ubicazione è stata fissata sul medesimo allineamento delle scogliere precedenti, parallelo al litorale, ad una distanza rispetto al profilo originario corrispondente al fondale di (-3.00 ) della spiaggia prototipo.

Dall'esame delle sezioni rilevate (cfr. figura 5) appare subito chiaro come, alla fine dell'attacco ondoso durato 3 cicli, nella parte emersa e immediatamente sommersa - fino a quota reale di circa (- 2.00 ) - si realizzi un ripascimento, che raggiunge una situazione stabile. 

Per quanto riguarda la parte più sommersa del profilo, - cioè oltre la (- 2.50 ), si ha una sostanziale invariabilità di forma rispetto al profilo originale.

E' anche evidente, confrontando le fotografie di figure 6 e 7, che l'effetto della difesa semipermeabile, pur non raggiungendo nella zona a tergo l'entità di quella a scogliera, propone un profilo molto più uniforme ed un litorale più stabile nel suo andamento rettilineo.

Il litorale in questo caso è molto meno tormentato e non presenta ai bordi (figura 6b) quella instabilità che si è invece riscontrata nell'altro caso posto a confronto (figura 6a) e che generalmente trova riscontro nella realtà, quando viene adoperata la difesa a scogliera.


 PROVE IN VASCA


Ripascimento tipico delle scogliere frangiflutti 

 Ripascimento  morbido delle dighe semipermeabili a pali 
    Figura 6 - Veduta fotografica dei differenti effetti ottenuti in vasca con la difesa parallela.

Evidentemente in quest'ultimo caso i mutamenti indotti del moto ondoso sono molto più complessi che nel caso delle barriere semipermeabili. 
Queste conducono ad una attenuazione delle agitazioni più uniforme, senza provocare quei fenomeni marcati di diffrazione, che si hanno fra i varchi dei vari tratti di scogliera, vere aperture fra setti, chiusi alla propagazione dell'onda.



PROVE IN VASCA
                                      
Ripascimento tipico delle scogliere frangiflutti 

Ripascimento morbido delle dighe semipermeabili a pali 
Figura 7 - Particolari del ripascimento a tergo delle opere di difesa.



Nella difesa delle spiagge, oltre all'aspetto meramente tecnico del problema, bisogna tener conto anche di esigenze spesso contrastanti e su cui fino ad oggi non sempre si è posto la dovuta attenzione.


5 - OSSERVAZIONI CONCLUSIVE

Per gli arenili a "vocazione turistico-balneare" l'utilizzazione delle dighe a scogliera ha spesso creato un valido presidio ma ha, nello stesso tempo, messo in crisi la balnearità del sito, quando la stessa non è stata fortemente limitata.

Come è noto il ristagno dell'acqua, tra la linea di spiaggia o litorale (volgarmente noto come battigia) e le dighe di protezione, la formazione di fosse a canaloni, all'unghia esterna delle dighe stesse, la difficoltà di utilizzazione dei natanti, dovuta alla presenza delle scogliere, hanno sempre messo in discussione un tale tipo di difesa che, peraltro, le Amministrazioni Pubbliche - dati gli usi correnti - hanno largamente impiegato ogni qualvolta le acque, erodendo i lidi, hanno interessato le strade litoranee, le linee ferroviarie o la prima linea stessa dei fabbricati fronte mare.

Appare quindi di grande importanza il risultato conseguito nel presente studio con l'adozione di una serie di barriere, che assommino, nella loro concezione, i vantaggi dell'intervento parallelo alla costa, valido ogniqualvolta sia scarso o assente il trasporto litoraneo, con quelli di una struttura permeabile all'acqua e tale quindi da evitarne il ristagno e tutte le conseguenze sopra richiamate.

Le indagini di laboratorio hanno posto in evidenza un ripascimento graduale e uniforme del tratto interessato da questo nuovo tipo di opere; a tale accrescimento corrisponde una evoluzione pure uniforme dei profili di spiaggia normali al litorale con una manifesta tendenza alla stabilizzazione.

E' pertanto indubbio che la adozione di barriere semipermeabili rappresenti un valido tipo di intervento ogniqualvolta si sia in presenza di un litorale in erosione, dove il trasporto litoraneo è carente e tanto più quando lo stesso ha un uso preminente dal punto di vista dell'utilizzazione balneare.

Da quest'ultimo punto di vista, le opere, costituite da strutture con più file di pali collegati da uno o più ordini di elementi rigidi orizzontali, possono essere utilizzate come attracco per natanti minori e rese anche accessibili con modesti impalcati superiori mobili, formati da elementi prefabbricati in legno, tali da rendere gradevole l'aspetto e portare utilità ai bagnanti.

Da ultimo, i risultati e le osservazioni delle prove pongono positivamente in evidenza come le difese semipermeabili limitino sensibilmente, contrariamente a quanto avviene con le difese frangiflutti a scogliera, lo squilibrio nei tratti a monte e a valle del litorale protetto, non interessati dall'opera di difesa.

Infine si deve osservare che la nuova struttura, oltre a ridare alla spiaggia erosa le sue caratteristiche originarie, elimina l'inquinamento nella fascia di mare destinata usualmente alle attività balneari; fenomeno che invece è presente - come è noto e con conseguenze negative - quando la difesa è fatta da un'opera tradizionale a scogliera.


Padova, aprile 1979.


(1) J. Valembois.

Etude sur modèle reduit du transport littoral. Condition de similitude.

Proc. VII Conf.Coast. Eng. 1961.

(2) J. Goddet et P. Jaffry.

La similitude des transport de sediments sous l'action simultanee de la houle et des courants. 

La Houille BIanche, n. 2, 1960.

(3) E. K. Noda.

Coastalmovable-bed scale-model relationships.

Tetra Tech. Rep. 191-1, Pasadena 1971.

(4) J. Castanho.

Rebentacao das ondas e transporte litoral.

Lab. Nac. Eng. Civ. Mem. n. 275, Lisboa 1966.

                            Studio dell'evoluzione della costa pescarese 


P.S. Abbiamo affidato lo studio completo sopra riportato al dott. Gildo ROSSETTI, presidente dell'ordine dei geologi abruzzesi, nel 2003.
Lo stesso, dopo averlo valutato, ha detto che "andrebbe sperimentato nella realtà con un progetto pilota"  per vedere se corrispondente allo studio in vasca.
Per cui date le situazioni a Pescara Porta Nuova ed ai confini con Montesilvano, le occasioni non mancano.
Abbiamo girato ufficialmente la proposta agli amministratori regionali e comunali, nell'ottobre 2012.


(aggiornato domenica 18 novembre 2012)

Studio sulla costa pescarese: da Montesilvano a Francavilla

L'analisi storica dell'evoluzione del nostro litorale e la spiegazione pratica della possibile applicazione delle "Difese di spiaggia" degli ingegneri Marconi, Matteotti e De Santis fu fatta nel 2002 da:
Marco De Marinis, 
allora studente presso la Facoltà di Ingegneria di Ancona.



 Studio sull'evoluzione della costa del tratto litoraneo
da Montesilvano a Francavilla.


L'erosione delle spiagge rientra nei problemi ecologici di tanta attualità e si può dire che essa in particolare dipende dall'intervento dell'uomo.

Molto schematicamente, perché le tante parole non offuschino il concetto, le principali interazioni tra mare e costa sono:
  •  i corsi d'acqua raccolgono materiali nei bacini dell'entroterra, li lavorano e li riversano in mare;
  •  il mare a sua volta li accoglie, successivamente con le sue correnti e soprattutto con il moto ondoso li gestisce e li distribuisce nei suoi fondali marini e lungo la costa.

L'intervento dell'uomo ha modificato questo naturale rapporto:

  1.   i corsi d'acqua sono stati condizionati e portano molto meno materiale al mare;
  2.  il mare, lungo la costa, è stato sempre più imbrigliato e non può saggiamente amministrare quel limitato materiale che riceve.

La spiaggia, che può sembrare una realtà statica della natura è invece soltanto un equilibrio dinamico. La spiaggia altro non è che un deposito di sabbie "in transito”. 
Il materiale, che il mare gestisce prevalentemente con il moto ondoso, si muove continuamente lungo il litorale.

Se potessimo colorare a tratti con diversi colori i granelli di sabbia della fascia di escursione dell'onda a riva, troveremmo che un colore ha preso il posto dell'antecedente. Nella uniformità invece sembra che nulla si muova .

Pertanto il regime del litorale è caratterizzato dal materiale della spiaggia e dell'area compresa tra la linea di battigia e la zona di frangimento, dal materiale che viene mosso sotto l'azione delle onde e delle correnti ed infine dalle quantità di esso acquisite o perdute.

I fenomeni di erosione e ripascimento (cioè apporto) non costituiscono una novità: è un fenomeno naturale.

La linea di battigia non è altro che un equilibrio tra protendimento ed erosione, in diretta relazione, però, con i quantitativi di materiali apportati o meno dai fiumi e trascinati o meno dal mare fuori della piattaforma litoranea.

Pertanto l'inamovibilità della linea di battigia è assicurata solo da un equilibrio fra i quantitativi dei materiali trasportati verso gli abissi e quelli apportati dai fiumi .

I materiali oltre ad avere un movimento longitudinale, che è il prevalente, hanno anche quello trasversale in cui vengono, dal moto ondoso, sottratti a riva e portati negli abissi .

Questo tipo di trasporto attualmente è forse poco conosciuto ed è collegato alle caratteristiche del materiale (sopratutto peso e dimensione) .

Infine non vanno dimenticate le perdite di materiale dovute all'azione del vento con deposito al largo in mare o nelle zone retrostanti al litorale.

Con questi concetti di ordine scientifico è possibile interpretare la storia del litorale che si sviluppa da Montesilvano (dalla foce del fiume Saline con precisione) fino a Francavilla (alla foce del fosso Pretaro con precisione).




L'intero tratto litoraneo dal fiume Saline al fosso Pretaro è composto da tre unità fisiocratiche ben distinte che hanno una dinamica costiera molto simile: 
la prima unità fisiocratica è quella che dalla foce del fiume Saline arriva fino al fosso Mazzocco (confine Montesilavano-Pescara) e che coincide con la spiaggia di Montesilvano, 
- la seconda è quella che dal fosso Mazzocco arriva fino al porto-canale di Pescara e che coincide con la spiaggia di Pescara centro (la vecchia Castellamare) 
- la terza è quella che dal porto-canale arriva fino a fosso Pretaro (confine Pescara-Francavilla) e che coincide con la spiaggia di Pescara Porta Nuova.


 (figura 1)
Planimetria generale dell'unità fisiocratiche coincide con la spiaggia di Montesilvano.
In basso le variazioni della costa, le scale non sono omogenee al fine di meglio
evidenziare le variazioni in senso verticale (scostamenti della linea di spiaggia).
 


Nella figura 1 è rappresentata nella parte superiore la planimetria, in scala omogenea, della fascia costiera di Montesilvano: come punti di riferimento più importanti si possono distinguere sulla sinistra il fiume Saline e poi la strada litoranea, la colonia marina ed il tracciato ferroviario.
 Nella parte inferiore (fig. 2) sono rappresentate tre linee di spiaggia: la linea puntinata del 1894, la linea tratteggiata del 1929 e la linea continua del 1954. 
Le scale in questa rappresentazione non sono omogenee al fine di meglio apprezzare gli scostamenti in senso verticale della linea di costa rispetto allo sviluppo longitudinale della costa stessa.
La linea puntinata mostra a sud della foce del Saline un dosso che si proiettava in mare per circa 200 metri rispetto all'attuale litoranea; tale dosso costituiva oltre circa 11 ettari di terreno coltivato a vigneto. 
Sulla destra si vede un'ansa in cui la spiaggia rientrava per circa 100 metri.
Con la linea tratteggiata spariscono nel 1929 gli 11 ettari di vigneto e si colma l'ansa. 
Nel frattempo, nel 1911, l'uomo aveva iniziato i suoi interventi di sistemazione della foce del Pescara.
Nel 1954, con la linea continua sulla sinistra, è indicata la spiaggia in netto regresso e ciò coincide con l'avanzare sempre più a mare delle strutture dell'imboccatura del porto di Pescara e con l'apporto sempre minore di materiale da parte del fiume Saline; nella parte destra si può definire normale la situazione con vicende alterne lungo il tratto litoraneo.



(figura 2).
Planimetria generale dell'unità fisiocratica
che coincide con la spiaggia di Montesilvano 



Nella figura 3 in basso è rappresentata la planimetria di Pescara. 
Si distinguono moltissimi riferimenti conosciuti per chi ha una certa dimestichezza e conoscenza della città di Pescara. Anche in questa rappresentazione si distinguono aspetti molto importanti e si possono osservare gli effetti indotti dall'intervento antropico (dell' attività degli uomini).


Le linee di costa che fanno riferimento ai rilevamenti del 1811, del 1840, del 1887 e del 1892 mostrano come la spiaggia è regolarmente ed uniformemente progredita. 
Con i rilevamenti successivi al 1911, anno in cui incominciano i lavori di regolamentazione della foce del fiume Pescara e di costruzione del porto-canale di Pescara con i suoi moli guardiani aggettanti, la situazione inizia a cambiare.
Nella metà di sinistra si constata un continuo rituale avanzamento della linea di costa o quanto meno, negli ultimi anni, una stabilizzazione. Nella metà di destra si constata un certo malessere ai limiti dei rituali cicli di regresso e progresso della battigia.
Se si osservano i diagrammi nella metà di sinistra si può affermare che tale tratto di costa (a nord circa di via De Amicis) è stato in tutti i tempi fino ai nostri giorni tranquillo e stabile; il tratto di costa nella metà di destra ha avuto vicende alterne iniziate con il primo intervento dell'uomo con la strutturazione della foce del Pescara.


(figura 3)
Planimetria generale dell'unità fisiocratica che coincide con la spiaggia di Pescara centro .



(figura 4).
Planimetria generale dell'unità fisiocratica che coincide con la spiaggia di Pescara Porta Nuova 


La storia del tratto di costa che va dal porto-canale di Pescara al confine con Francavilla (fosso Pretaro) è narrata anch'essa con tre diagrammi che fanno riferimento ai rilevamenti della linea di costa negli anni 1894, 1925 e 1954.
Nella figura 4 in alto è disposta la planimetria del tratto di costa di Pescara Porta Nuova: sulla sinistra della planimetria è distinguibile il porto-canale con i suoi moli aggettanti ed a destra la caratteristica pianta dell'edificio dell'ex Aurum.

La linea che fa riferimento al rilevamento del 1894 evidenzia un dosso simile a quello a sud della foce del fiume Saline e ciò sempre in tempi non sospetti quando cioè l'uomo era ancora spettatore e da cui si può dedurre una disposizione naturale della linea di battigia.

Sempre nella parte sinistra le altre due linee rappresentano indubbiamente le conseguenze derivanti dal chiaro intervento dell'uomo. 
Il dosso anche qui sparisce e viene sostituito da una linea di spiaggia che si adagia sempre più a ridosso del molo sud nel suo progressivo avanzare in mare.

Il fenomeno di adagiamento o meglio di eccessivo arricchimento di arenile del molo sud, e quindi una netta asimmetricità tra i tratti di costa di spiaggia a nord ed a sud del porto-canale con una incipiente erosione del tratto di spiaggia a nord tanto che (vedi figura 5, sotto, si è dovuto costruire una scogliera radente per proteggere il tratto di spiaggia alla base del molo nord), è ben osservabile dalle figure successive (figure 5 e 6).


(figura 5).
Fotografia aerea del porto-canale di Pescara in cui è osservabile  l'asimmetricità dei due tratti di costa a nord ed a sud del porto-canale 


E' opportuno domandarsi cosa è accaduto dal 1894 al 1954 e quindi anche ai giorni nostri.

Prima dell'intervento dell'uomo nell'equilibrio della natura si verifica un chiaro avanzamento della linea di costa; le prime strutture in mare alla foce del Pescara (e se si considera la situazione globalmente includendo anche il tratto di costa a sud del porto-canale deve essere considerato anche il porto di Ortona!) hanno iniziato a fermare il materiale litoide proveniente da sud e l'arresto è aumentato con il progredire delle stesse strutture in mare ed il materiale ha trovato sempre maggiori difficoltà a doppiare, nella sua marcia verso nord, l'imboccatura del porto.

Il posizionamento di un'opera aggettante in mare è soggetta ad una condizione primaria ed indispensabile. Essa non deve turbare il corso naturale delle correnti marine e dei moti ondosi, tipici di ogni paraggio marittimo. 

Nel tratto di costa tra Ortona e Montesilvano, il progressivo prolungamento del molo sud del porto-canale di Pescara ha condizionato negativamente l'equilibrio della costa fino all'ultima guerra, durante la quale il porto fu distrutto, e poi nel periodo seguente fino ai nostri giorni.

 (figura 6).
Fotografia aerea della spiaggia di Pescara centro prima della costruzione delle scogliere frangiflutti
Il lato sud dei pennelli tendeva a riempirsi, per via delle correnti da sud, mentre quello a nord tendeva ad andare in erosione.


Un'influenza negativa hanno avuto anche le aggettanti strutture portuali di Ortona, gli interventi lungo il corso dei fiumi meridionali e la sistematica spoliazione del loro materiale. Questi fatti hanno impedito al materiale litoide dei fiumi del sud di raggiungere e rifornire il litorale pescarese.
Tutti i litorali hanno visto rotto il loro equilibrio con opere aggettanti in mare e si sono creati paraggi marittimi ciascuno con un proprio destino ora ricco e gioioso ora povero e triste.
Il mare, fin da quando le terre sono emerse dalle acque, ha modellato le rive distribuendo i materiali detritici portati dai fiumi. In ogni tempo, l'uomo ha violato, per giuste esigenze  (anche di porti c'è bisogno, ndr) ma con leggerezza, questo processo compensativo: i fiumi hanno portato sempre meno litoide, l'aggressività delle onde e dei venti è rimasta immutata ed il mare ha avuto sempre meno materiale da restituire alle rive. Sotto questo profilo la vicenda del tratto costiero tra Pescara e Montesilvano è istruttiva ed esemplare.

Infatti, durante gli scavi per le fondazioni della chiesa del Sacro Cuore fu trovata sabbia di mare. Nel 1811 la riva era all'incirca all'altezza di Viale Regina Margherita e nel 1887 non esisteva l'attuale Viale della Riviera.

Dal 1811 al 1892 la linea di spiaggia è evidentemente ed uniformemente progredita in maniera vistosa. I fiumi del sud - in particolare il Sangro, come confermava l'esame petrografico - furono la ricchezza del nostro litorale.

Con la prima regolamentazione della foce del fiume Pescara la situazione è mutata e vieppiù peggiorata con il continuo progredire in mare dei moli guardiani del porto canale, richiesto dalle necessità della flotta peschereccia e del bacino  commerciale. Con il maggiore aggetto in mare dei moli il materiale proveniente da sud si è depositato a ridosso del molo di levante.

Il litorale meridionale si è arricchito di circa 10 metri all'anno e quello settentrionale ha cominciato a soffrire la mancanza di arenile.

Oggi, la situazione della spiaggia da Pescara a Montesilvano è un vero scempio sotto gli occhi di tutti, un esempio eclatante dei guasti che certi comportamenti degli uomini possono procurare.

Sappiamo che le correnti principali in Adriatico risalgono verso nord sulla costa slava e ridiscendono verso sud sulla costa adriatica. 
Dalla fotografia aerea all'infrarosso del litorale adriatico si evidenzia, come sappiamo, l'esistenza 
di una corrente al largo, più grande e principale, che dirige verso sud.
Ma pure si evidenzia anche una controcorrente litoranea entro la linea dei frangenti, che dirige verso nord.



La morfologia delle spiagge, che da un punto di vista tecnico sono aree nastriformi a cavallo di un litorale, dipende sostanzialmente dal movimento della sabbia depositata sul fondo marino e sospinta lungo il litorale (trasporto solido) e dall'apporto solido dei fiumi che ivi sboccano. Tale azione è oggi sempre più alterata, più che da fenomeni naturali, dall'intervento massiccio dell'uomo (antropico) sullo stato naturale dell'ambiente. 

Il problema dell'erosione costiera si pone su scala mondiale. 

Negli Stati Uniti il fenomeno e la conseguente necessità della difesa delle spiagge interessa circa 2.500 miglia di coste. Per l'Italia mancano dati precisi, ma un rilevamento di De Marchi-Ferro del 1970 indicava circa 1000 km di coste bisognose di intervento; nel 1980 si è stimato un complesso di 2.000 km, molti dei quali richiedevano l'urgente attenzione dell'ingegneria costiera. 
È presumibile che oggi la stima debba essere più elevata sia per il ritardo di sviluppo tecnologico rispetto ad altri Paesi più evoluti come gli Stati Uniti, l'Inghilterra, l'Olanda o tradizionalmente legati al mare come il Portogallo e la Spagna, sia per la mancanza di una programmazione sistematica su scala nazionale. Di conseguenza, nonostante la tradizione marittima nazionale, in Italia si è spesso operato empiricamente; Enti ed Amministrazioni, pur animati da buona volontà spesso pressati dall'urgenza di eventi eccezionali ed improvvisi, sono intervenuti con provvedimenti di difesa talvolta efficaci ma spesso controproducenti in quanto non supportati da analisi convincenti del fenomeno e per ignoranza del comportamento e delle funzioni delle varie opere in relazione alla specifica esposizione dei paraggi.

Un vecchio ma sempre valido concetto dinamico ritiene la spiaggia deposito di sabbia "in transito” e quindi il risultato dell'apporto di materiale litoide dei bacini imbriferi, convogliato in mare dai corsi d'acqua e poi distribuito al fondo marino lungo due direttrici fondamentali - l'una normale e l'altra parallela al litorale -per azione prevalente del moto ondoso. 


Se in un determinato tratto litoraneo scarseggia l'apporto proveniente dai bacini tributari o l'energia del moto ondoso parallelo al litorale, insorgono fenomeni di erosione come l'impoverimento graduale di sabbia e l'arretramento delle spiagge.

In questi casi, in Italia, si ricorre abitualmente ad opere di difesa parallele alla costa, poste su fondali limitati e più di frequente sulla fascia della spiaggia immersa, battuta dai frangenti.


 (figura 7).
Scogliere antistanti il tratto di spiaggia del centro di Pescara


La serie di tali dighe in scogliera naturale (frangiflutti) con l'asse longitudinale parallelo alla costa fornisce validi risultati in contesti appropriati. 
Infatti, pur essendo un valido presidio per un litorale in erosione, produce esiti volutamente collaterali,  nei casi in cui la spiaggia abbia una destinazione turistico-balneare, con la formazione dei "tomboli" (interrimenti, spiaggia) sottovento alle scogliere (a tergo).


Spiaggia davanti a Pescara nord dopo il posizionamento delle scogliere frangiflutti.
Il posizionamento fu necessario per proteggere la spiaggia dall'erosione del moto ondoso da levante (che aveva già abbattuto qualche stabilimento balneare) per il mancato apporto di sabbia da sud, per la presenza dei moli del porto. 


Di conseguenza  si modifica il profilo dei fondali che diventano più alti subito davanti (sopravvento) alle scogliere per l'effetto erosivo del moto ondoso che potrebbero essere pericolosi per i bagnanti inesperti al nuoto. Cioè si crea un effetto erosione sul lato sopravvento, esposto al moto ondoso; e un effetto ripascimento sul lato sottovento.



Prof. Tomasicchio: "Manuale di costruzione portuale e costiera": l'esempio riportato nel manuale come "da evitare" si adatta perfettamente alla situazione del porto di Pescara, dopo la costruzione della diga foranea. All'esterno  della diga (1997) ci sono adesso 8/9 metri di profondità; all'interno 0/1 metro circa. Se questo effetto è positivo per le spiagge non lo è per il porto, che ha bisogno invece di acque profonde per il transito delle navi e dei pescherecci.


In linea generale questo tipo di intervento riduce quasi totalmente il trasporto solido sul tratto di litorale da difendere e produce a monte ed a valle dello sbarramento uno squilibrio. Nei tratti di spiaggia prima stabili si innesca un processo di erosione tale da richiedere ulteriori interventi la cui attuazione va attentamente valutata e seguita nel tempo per non pregiudicare la validità del provvedimento medesimo. 

Questa dinamica della costa può essere osservata soprattutto nei tratti di costa di Montesilvano (figure 8 e 9) in cui il mare lambisce quasi la strada e nei tratti di spiaggia antistanti piazza Le Laudi a Pescara Porta Nuova (figure 10 e 11) in cui l'abuso di scogliere tradizionali e pennelli longitudinali non hanno evitato l'erosione progressiva della spiaggia: in figura 13 è visibile il medesimo tratto di spiaggia al quel tempo avvantaggiato dall'unica scogliera presente a scapito delle spiagge adiacenti!


(figura 8)
Aprile 2002 -Tratto di costa di Montesilvano in erosione


(figura 9)
Aprile 2002-Tratto di costa di Montesilvano in erosione , come sopra.
(Stabilimento balneare "La Bussola") 



 (figura 10)
Aprile 2002- Spiaggia antistante piazza Le Laudi
Qui l'intreccio casuale e insensato di scogliere verticali, orizzontali, oblique, sommerse ed esposte (c'è ne per tutti i gusti!) ha provocato quasi il crollo degli stabilimenti.


(figura 11)
Aprile 2002- Spiaggia antistante piazza Le Laudi 


Il comportamento ora esposto è certamente una conseguenza dell'impermeabilità della scogliera all'andirivieni della sabbia, trasportata dal moto ondoso, nei confronti della spiaggia emersa.
Risulta lecito proporre una difesa analoga alla scogliera tradizionale  quanto ad ubicazione, ma diversa nella struttura in modo da consentire il passaggio del materiale attraverso l'opera stessa sia pure in maniera vincolata e particolare. 

In questo caso, l'opera di difesa potrebbe avere una funzione analoga a quella dei cosiddetti “pennelli trasparenti” ed essere costituita da una serie di elementi verticali prefabbricati.


Nelle figure 12 e 13 appaiono chiari i risultati positivi e negativi allorché negli anni Sessanta si introdussero le prime scogliere tradizionali: l'arenile aumentò in corrispondenza delle barriere frangiflutti e quasi scomparve a nord e a sud! 

Dalle foto appare evidente la tipica configurazione della costa a tomboli.


(figura 12).
Anni '60 - Tratto di spiaggia di Montesilvano davanti allo storico edificio della Colonia Marina.
Da notare che due semplici scogliere, esposte a levante, creavano da sole tutto quel ripascimento (spiaggia)


(figura 13).
Anni '60 - Ripascimento con due sole scogliere nel tratto di spiaggia antistante piazza Le Laudi 
(Pescara Porta Nuova) 

Sopra è evidente lo stesso fenomeno di ripascimento della foto precedente.
Da notare però che a sud e a nord delle scogliere si creava un fenomeno di erosione.




Questa è la situazione nell'area portuale al 2002:



. Sul lato sud del porto è visibile l'intreccio di scogliere verticali, orizzontali, oblique, davanti a piazza Le Laudi. Il risultato è che oltre a crearsi un fenomeno di erosione particolare davanti alla stessa zona di litorale in corrispondenza della piazza, si è creata una corrente che va fino all'ingresso del porto turistico, trasportandovi altra sabbia, di cui proprio non aveva bisogno soffrendo già per la posizione dell'antemurale (diga esterna). Sul lato nord invece le secche provocate dalla diga (1997) lambiscono anche il secondo trabocco.

Molti fanno risalire, inconsapevolmente, le secche createsi all'interno della diga alla sabbia trasportata dai venti da nord invece che all'effetto di ripascimento della diga stessa, com'è evidente anche dal disegno del prof. Tomasicchio di cui sopra oltre che dalle foto successive del litorale laziale.

Ma dimenticano che quando non c'era la diga e c'era la sola scogliera frangiflutti a riparare la spiaggia della Madonnina (le vecchie scogliere "isolate") i trabocchi hanno sempre avuto acqua in abbondanza, dai 2 ai 7 metri, come si vede in queste foto degli anni '70. 
Ciò dimostra che non è stato il trasporto di sabbia da nord a creare le secche in avamporto e sotto i trabocchi, ma esclusivamente l'effetto ripascimento della diga (e il trasporto solido del fiume).





Come è evidente in questa immagine satellitare del marzo 2012: il ripascimento (secche) creato dalla diga arriva, in superficie, già alla punta del molo nord; e, sotto un leggero strato d'acqua di colore verde, molto oltre la linea di battigia fino ad invadere l'avamporto e la parte sottovento alla diga foranea, dove ci sono profondità inferiori ad 1 metro. Lo stesso effetto si nota nella parte sud dell'area portuale, davanti all'ingresso del porto turistico, dove il fenomeno di ripascimento creato dall'antemurale (diga esterna) è aggravato dal  trasporto solido della controcorrente proveniente da sud. Le zone in colore blu evidenziano dove le profondità sono maggiori: all'esterno della diga foranea ci sono attualmente 8/9 metri d'acqua.



Con le scogliere tradizionali la ricostruzione della linea di spiaggia avviene in modo anomalo, a causa della formazione dei “tomboli”; i tratti litoranei non difesi dalle scogliere subiscono un'erosione accentuata. La spiaggia perde linearità ed assume una forma seghettata ed irregolare; il fondo marino perde la dolcezza d'acclivio e diventa accidentato e pericoloso in prossimità degli sbarramenti, anche per la formazione di correnti anomale con il moto ondoso.
È evidente che lo specchio di mare di maggiore balneabilità risulta infido per bambini e bagnanti inesperti. Le scogliere, pur essendo un'attrattiva, favoriscono nei pressi 
l'irregolarità del fondo marino e nel lato foraneo presentano il pericolo del risucchio dell'onda che s'infrange contro il setto chiuso.

Pertanto le dighe tradizionali, in quanto setti chiusi funzionano da vere e proprie trappole che catturano la sabbia oltre misura (tomboli) e impediscono la sua trasmigrazione verso i tratti di arenile non ancora difesi, i quali restano esposti solo all'aggressività del moto ondoso e quindi ad un marcato processo erosivo dopo l'ultima diga della serie.
Infine esse in breve tempo perdono la loro efficacia protettiva per l'apertura di varchi con la sconnessione degli scogli ed il progressivo abbassamento per l'assestamento sul fondo sabbioso.

Foto Repubblica: litorale laziale


La struttura semipermeabile, invece, quantomeno per i risultati ottenuti nelle prove in vasca,  risponde egregiamente al principio di “ingabbiare” il mare il meno possibile, pure rispondendo alla difesa della spiaggia come una scogliera tradizionale. 
L'inter-comunicabilità tra i due specchi d'acqua consente la circolazione delle particelle solide e quindi la ricostituzione regolare del lido ed in superficie l'azione disinquinante. La configurazione geometrica, non accidentata e irregolare come la diga a scogliera, rende la struttura esteticamente più accettabile e non soggetta agli inconvenienti del dissesto.

Tale nuovo intervento di difesa della spiagge, denominato “diga flessibile semipermeabile”, fu progettato dall'ing. Vittorio MARCONI e dal prof. ing. Giuseppe MATTEOTTI, Ordinario di Regime e protezione dei litorali dell'Istituto di Costruzioni marittime e di Geotecnica dell'Università di Padova e con la collaborazione dell'assistente dott. ing. Maurizio DE SANTIS. Tale progetto è stato convalidato con prove di laboratorio su modello in vasca a fondo mobile, pubblicato e brevettato.



Marco De Marinis
Anno 2002.





(aggiornato domenica 18 novembre 2012)