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mercoledì 20 giugno 2012

Opposizione alla VAS del P.R.P. dei comandanti dei pescherecci.






I comandanti dei pescherecci del Porto di Pescara a:

Spett.le
Direzione Trasporti, Infrastrutture,
Mobilità e Logistica
Viale Bovio 425
65124 Pescara

Spett.le
Provveditorato OO.PP. Interregionale
Lazio, Abruzzo e Sardegna
Via Monzambano 10
00185 ROMA

Spett.le
Direzione Marittima
Capitaneria di Porto di Pescara
Piazza della Marina 1
65100 Pescara

Spett.le
Comune di Pescara
Assessorato alle Infrastrutture
Piazza Italia
65124 Pescara

Spett.le
Regione Abruzzo
Autorità Ambientale
Via Passolanciano
65100 Pescara







Pescara,  giovedì 14 giugno 2012

Osservazioni alla Proposta di Rapporto Ambientale (VAS) del Piano Regolatore Portuale – Porto Canale di Pescara

in riferimento al Piano Regolatore Portuale del Porto-canale di Pescara, proposto, i sottoscritti:
Lucio Di Giovanni, nato il ………., comandante di M/P e presidente dell’Ass. Armatori

Romeo Palestino, nato il …………., comandante di M/P e vice-presidente dell’Ass. Armatori

Guerino D’antonio, nato il………., comandante di M/P  e dirigente dell’Associazione Armatori

Francesco Scordella, nato il……, comandante di M/P  e  rapp.te presso la CCIAA dell’ A.A. 

Antonio Spina, nato il........, ex pescatore e velista


  seguendo l’ordine delle premesse al punto 1.1 della Relazione Tecnica Generale, evidenziano i seguenti:

Cenni storici

Pescara, per quello che si dirà, ha la sua origine dal fiume e da esso i suoi caratteri, e l’attività dei cittadini. Attività di cui si hanno notizie già dal 79 d.C., ma che evidentemente erano anteriori, e che proseguirono invariabilmente nei secoli, pur tra alti e bassi, anche negli anni bui del Medioevo e poi del XV secolo quando Carlo V, nel 1510,  fece edificare la piazzaforte, la Fortezza, che durò fino alla seconda metà dell’800 quando le prime paranze si stabilirono sulla sponda nord del fiume in corrispondenza dell’attuale abitato di Borgo Marina. Possiamo dire che allora iniziò l’era moderna della vita marinara e cittadina.
Se il traffico mercantile e della pesca si mantenne così vitale nei secoli, lo si deve alla portata  delle acque del fiume,  ottima e quasi costante per tutto l’arco dell’anno.
I pescatori, che pur avevano avuto un enorme vantaggio dal fatto di poter approdare sulle sponde del fiume, invece di alare due volte al giorno le paranze sulla spiaggia, dovevano però ingaggiare una lotta furibonda con i marosi che si formavano sui bassi fondali della foce ad estuario, dove il mare si scontrava con il fiume, quando fuggivano dalle burrasche con vento forte e mare grosso.
I mercantili d’altra parte erano costretti a fare l’allìbo sulla spiaggia di Borgo Marina non potendo entrare nel fiume a causa delle basse profondità alla foce. Ciononostante sia il traffico della pesca sia il traffico mercantile crescevano costantemente.
Ma diversi furono, nella seconda metà dell’800, gli incidenti mortali alla foce, man mano che il fiume si popolava di barche da pesca (paranze, barchitti, lancette) e si popolava il Borgo dei pescatori.
Fino a  quando, subito dopo l’Unità d’Italia,  il popoloso quartiere reclamò a gran voce la costruzione di un porto-canale, di modo che l’imboccatura del fiume fosse ad una profondità maggiore, dove le onde non rompessero o rompessero di meno.

 "La sistemazione della foce del Pescara trovò in passato molti studiosi e dette perciò origine a molti progetti dei quali nessuno venne mai tradotto in atto. Il più noto di tutti è il progetto Mati sulla base del quale iniziò i nuovi studi la Commissione dei piani regolatori dei porti. Questa Commissione ritenne di non doversi occupare d'altro che della sistemazione di un porto-canale non potendosi pensare alla formazione di un porto a bacino in località dove profondità sufficienti si riscontrano solo a grandi distanze dalla spiaggia." (Gino Albi,L'Abruzzo marittimo, pag.205,1915)

 Dal libro “Pescara: le immagini, la storia” di De Antonis e Minore- coll.Caripe:
“Quanto al progetto del Porto-canale esso si trascina a lungo dopo l’Unità d’Italia. Per conto dell’autorità centrale viene anche redatto il progetto Mati.
Vediamo più da vicino questo progetto.
Nella relazione consegnata il 23 aprile 1868, Mati:
“rileva il grande volume d’acqua del Pescara, la profondità, e la ampiezza, ne calcola la velocità, e dalle proporzioni delle piene con le magre, stabilisce la forza maggiore che ne risulterebbe dal restringimento dell’alveo e dalla sistemazione delle sponde, forza sufficiente a portar via gl’imgombri  alluvionali e le accessioni marittime in sulla foce. Riconosce quindi la necessità di rendere stabile la foce spingendo in mare due moli guardiani paralleli, a 50 metri di distanza fra loro, tanto che valgono a conservare una conveniente profondità allo sbocco, aumentando l’impeto della corrente. “…

 La distanza fra la vecchia foce ed il nuovo ingresso del porto-canale fu colmata da due moli guardiani lunghi circa 500 metri (450m. il molo nord,485m. il molo sud) : così che la profondità all’ingresso dei due moli fu di circa 6/7 metri e quella dentro il canale prevista di -4 m. E non fu più necessario ai mercantili fare l’allìbo perché poterono finalmente entrare nel porto-canale, persino fino all’altezza del vecchio Club Nautico, come si può vedere in una rara foto d'epoca (sotto, figura 1).

Figura 1 : il bastimento "lu ferrone" attraccato dov'è ora un club nautico privato, quasi sotto    le finestre del Comune. E’ in costruzione il campanile di S.Cetteo, quindi siamo nel periodo fra le due guerre.


 (...) Quanto ai fondali, sia della bocca del porto che del canale e della darsena, si stabilì che i moli raggiungessero i fondali di metri quattro e che la darsena avesse  la profondità di metri tre e cinquanta, sotto il livello del mare, a bassa marea.(...) " (Gino Albi, L'Abruzzo marittimo, pag. 212-213, 1915)



Figura 2:progetto ing. Mati 1868
I due moli furono orientati verso Nord-Est 45° (Greco) per poter facilitare l’ingresso in porto con i venti di greco-tramontana o levante- scirocco, prevalenti nei paraggi, conservando il mare al “giardinetto”, con entrambe le traversie.

L'andatura al giardinetto è l'unico modo di navigare con mare mosso o in condizioni di burrasca, soprattutto se bisogna fuggire verso il porto da lunga distanza. E allora i naviganti hanno bisogno di una imboccatura del porto che permetta loro di mantenere la stessa andatura e “infilarla”.

Purtroppo secondo il nostro modesto parere in molti porti italiani, mercantili o turistici, non sono state rispettate queste caratteristiche essenziali: l’uso degli antemurali ha soppiantato i criteri della buona navigazione e degli ingressi in porto adeguati. 

Inoltre per evitare il fenomeno della risacca nel bacino interno (che adesso chiamiamo bacino vecchio, quello per intendersi davanti al Mercato Ittico) i due moli furono costruiti su palafitte e con alcune camerette di espansione: erano soprattutto le palafitte a garantire dalla risacca. Le camerette di espansione erano abbastanza rade.

 Figura 3: particolare delle palafitte del molo nord  e delle celle antirisacca (camerette d'espansione)


 Queste caratteristiche vennero mantenute anche nella ricostruzione dopo le devastazioni tedesche della seconda guerra mondiale, quando ritirandosi sotto l’incalzare degli Alleati  il comando germanico fece brillare i due moli in più punti.

[A pag. 3 della Relazione Tecnica Generale, i progettisti affermano che il porto “richiedeva frequenti interventi di dragaggio”. Ma ignorano che era il bacino vecchio ad avere bisogno di un dragaggio annuale fra i 30.000 e i 50.000 mc, perché così era previsto dall’ing. Mati: il bacino, più largo della sezione normale del fiume, fungeva da area di evoluzione per le barche e le navi del porto, ma soprattutto fungeva da camera di raccolta (da questo motivo i sedimenti) per “dare impeto alla corrente” nella canaletta, come detto sopra. Cioè, se possiamo usare un paragone balistico, la canaletta era la canna di fucile del bacino vecchio. Il dragaggio annuale era la normale manutenzione della camera di raccolta. La canaletta non ne aveva bisogno perché lì vi era una corrente di 3 o 4 nodi e quindi non c’era bisogno di dragaggio. Non c’è stato bisogno fino ad oggi; poi la situazione è cambiata per i motivi che spiegheremo più avanti.]  

Dopo la seconda guerra mondiale il traffico peschereccio andò crescendo sempre di più, le paranze a vela vennero sostituite dalle barche a motore che in qualche caso erano i motori dei carri armati lasciati sul posto nel dopoguerra e adattati. E già dal 1966 iniziò il traffico passeggeri con Spalato: la tratta era coperta dalla motonave Egadi .

Ma solo negli anni ’70 si cominciò a pensare ad un  traffico passeggeri continuo con la sponda slava e fu costruita appositamente per il porto di Pescara la nave traghetto “Tiziano” , che faceva la spola giornalmente con Spalato.

Nel 1984, dopo il lisciamento delle palafitte (1° errore ), che avevano solo bisogno di manutenzione, si creò una notevole risacca nel bacino vecchio, che faceva rompere gli ormeggi ai pescherecci e alle navi; per mettervi riparo fu progettato il 2° errore (1984): la diga foranea, diversa da quella attuale ( 1997).

[A pag. 5 della Rel. Tec. Gen. i progettisti parlano di “insufficienza del porto” per cui fu necessario redigere un nuovo piano regolatore portuale, ma]…
Non sappiamo se la conseguente costruzione della diga foranea, com’è ora (di colore rosso in figura 4),  fu solo una protezione al moto ondoso e alla risacca, conseguente al 1° errore, o se era già l’inizio del nuovo porto costituito anche dal successivo braccio di levante(2005; 3° errore), richiesto dalle forze imprenditoriali della città. Tant’è che le polemiche infuriarono sia per l’una che per l’altro. I particolari delle conseguenze saranno descritti man mano nel corso delle successive valutazioni.


Dati i suddetti cenni storici, osservano quanto segue:


Figura 4:Piano Regolatore Portuale o  P.R.P.




1)      INTERRIMENTI - come se non fosse stata sufficiente l’esperienza fatta nell’ultimo decennio con gli enormi e progressivi interrimenti provocati dall’attuale diga foranea (di colore rosso nel disegno del P.R.P.,figura 4), che vanno dalla spiaggia della Madonnina e dal vecchio primo trabocco  fino all’avamporto, i progettisti del PRP prevedono una diga, anzi due, ancora più lunghe  e più spesse di quella attuale ! (di colore nero nel disegno di figura 4)
Evidentemente non hanno tenuto in nessuna considerazione gli interrimenti  che l’attuale diga e il braccio di levante hanno creato in questi anni, fino a provocare la chiusura quasi totale del porto, e che vanno  dall’ingresso di levante-scirocco (Est-Sud-Est, 112°), il solo utilizzato, a quello di maestrale (Nord-Ovest, 315°), oramai inutilizzato da anni perché completamente insabbiato (figura 5).





Figura 5: porto di oggi - imm. Google 2008 e rosa dei venti
















Infatti basta vedere le batimetrie ARTA 11/07/2011, (figura 6)  in cui è evidente che il cuneo degli interrimenti risale dalla spiaggia dei trabocchi verso la diga foranea:


Interrimenti che sono ben evidenziati dalle foto  storiche e più recenti seguenti, (figure da 8 a 13)

Figura 7: la spiaggia a nord dei moli guardiani, prima della costruzione della diga, anni'70 (vedi traghetto    Tiziano). Il mare arrivava oltre il moletto e la spiaggia della Madonnina beneficiava dell’interrimento provocato dalla scogliera isolata (sotto) 

Figura 8


Figura 9: situazione sotto i trabocchi e intorno al “moletto”prima della costruzione della diga, anni ’70: l’acqua è dovunque.

Figura 10: situazione interrimenti sotto i trabocchi 3 anni dopo la costruzione della diga, 2001: 
                            il “moletto” è già insabbiato, (la diga è visibile sullo sfondo)



Figura 11: interrimenti sotto i  trabocchi 13 anni dopo la costruzione della diga, anno 2011


Figura 12 -  nell’avamporto nell’estate  del 2011:  (i comandanti Scordella e Camplone con
l’ acqua alla cintola)  proprio  sul cuneo a schiena d’asino evidente nelle batimetrie di fig.6





 aggravatesi ancora di più nel dicembre 2011 (figura 13),


 Figura 13: nello stesso punto il comandante Scordella con l’acqua al ginocchio.
  Da notare, come riferimento cospicuo, lo stesso sfondo collinare di figura 12
                  ( Foto Il Centro.it 31/12/2011)

                  

e ancora peggiorate nel Maggio 2012, in cui lo stesso comandante Scordella ha rotto la pala del timone del suo M/P costeggiando al rientro in porto la punta del braccio di levante (come risulta anche dalla denuncia effettuata in CP e dai successivi rilevamenti batimetrici eseguiti dalla stessa).




Le foto e le batimetrie di cui sopra dimostrano chiaramente che gli interrimenti sono causati per la maggior parte dalla diga foranea e dal bacino di levante e  che il fango del fiume dà ad essi un apporto importante ma non determinante, chè altrimenti non si dimostrerebbe come essi siano cominciati dall’area della Madonnina e siano risaliti man mano negli anni, sotto i trabocchi, verso la diga foranea, con quell’effetto a “schiena d’asino”,  come d’altronde è ben visibile dallo stesso effetto ben collaudato degli interrimenti  creati  dalle scogliere frangiflutti e dalla secca formatasi all’interno della piccola diga messa a protezione dell’ormeggio turistico del porto di Ortona (figure 14 , 15 e 16) :



Figura 14: la spiaggia di Montesilvano, negli anni '70, davanti alla Colonia Estiva: visibili gli interrimenti creati dalle due sole scogliere frangiflutti



Figura 15: molo turistico all'interno del porto di Ortona: la scogliera (il molo) costruita per riparare dalla risacca di levante ha creato una secca (interrimento) che parte dall’angolo interno del molo e finisce sulla sponda di riva




Figura 16: interrimenti creati dalle scogliere frangiflutti sul litorale laziale (foto Repubblica) 



D’altronde questo tipo di effetto era stato già evidenziato per il porto pescarese, nella sua relazione di 42 pagine, dall’arch. Alberto Polacco, esperto di pianificazione portuale, nell’aprile 2000, su richiesta di alcuni imprenditori locali :
(pag 10,11,12) …Infine si accenna ad un elemento divertente (se non fosse in gioco l’avvenire di un’intera comunità.
Il paradosso è che il modello del porto progettato dal Genio Civile OO. MM. è normalmente documentato nei testi scientifici quale caso ove è stato necessario impiegare sistemi artificiali di trasferimento della sabbia, in quanto l’accumulo di materiale nella zona di sopraflutto a lungo andare ha finito per interrare anche l’area navigabile che si voleva protetta dall’insabbiamento !
Si riporta integralmente la figura successiva, estratta dal testo del prof. Ugo Tomasicchio “Manuale di ingegneria portuale e costiera”.
La diga foranea di Pescara ricorda fortemente il “tipo II” rappresentato, con l’aggravante della presenza del fiume (figura 17)…

Figura 17

e inoltre, sempre nella stessa relazione,  era evidenziato  da L. Franco e R. Marconi - “Porti turistici. Guida alla progettazione e costruzione” - Rimini 1995:
lo schema di porto con diga foranea disposta in parallelo alla costa è adottato in località senza problemi di trasporto solido e con settore di traversia ristretto, spesso lungo coste rocciose e con ripidi fondali”.

Purtroppo di nuovo nel PRP in oggetto (figura 1)  degli ing. Noli e De Girolamo, che ne hanno progettato la parte “marittima”, non è stato tenuto in considerazione (come sopra dimostrato) che la diga e il bacino di levante in 15 anni abbiano completamente insabbiato con il loro  “effetto interrimento ”  l’area dei trabocchi, l’avamporto e il bacino di levante, la cui costruzione era già nel 2000 in discussione per il suo effetto ancora più dannoso per l’interrimento dell’avamporto. E non è stato tenuto in considerazione che l’aspetto principale della parte marittima di un porto è l’imboccatura, come storicamente è stato nel porto di Pescara (punto 1.1 R.T.G.) e come da manuali di navigazione.
Che non fosse tenuto nella massima considerazione il pericolo dei possibili interrimenti era evidente già nella relazione del febbraio 2001 ANPA-DeGirolamo (incaricati dal Comune e dal Genio Civile OO.MM. di Ancona) in cui si poneva l’attenzione alla direzione del flusso del fiume inquinato (che d’altronde era visibile, senza la necessità degli altri studi succedutisi, già dalla foto all’infrarosso termico CISIG del litorale pescarese del marzo 2000, fra il porto di Pescara e il torrente Saline a Montesilvano, che il Comitato Portodipescara gentilmente e con spirito di collaborazione offrì ad essi, v. figura 18),



Figura 18:l’acqua fredda del fiume (blu) si riversa verso le spiagge a W e man mano che si riscalda  diventa celeste, verde e gialla, fin quasi alla rotonda Paolucci (quartiere Zanni). In rosso, l’acqua salata del mare, più calda. All’estrema sinistra lo stesso effetto, minore, per il torrente Saline di Montesilvano.                                    



piuttosto che alle batimetrie in 2D e 3D, eseguite dall’ing. Mario Russo, direttore allora dell’Istituto Idrografico e Mareografico di Stato (anch’esse gentilmente offerte alla commissione d’indagine ANPA-De Girolamo, e di seguito illustrate; figure 19, 20, 21, 22),



Figura 19:  situazione SUBITO dopo la costruzione della  diga: sopra batimetrie in 2D, sotto in 3D

Figura 20

           

Figura 21: Situazione, nel 2000, 3 anni DOPO la costruzione della diga: sopra batimetrie in 2D, sotto in 3D

Figura 22





e non  piuttosto anche all’influenza del trasporto solido del fiume evidenziata nella sua relazione, sempre su incarico del Comune, dal Prof. Ing. Giuseppe Matteotti“…dicembre 1999 . In merito all’”Esame dell’influenza della progettata opera di difesa all’esterno e in destra del fiume Pescara sulla disposizione delle acque dolci scaricate a mare dal fiume”…
”[…] la diga foranea, posta a protezione dell’imboccatura del porto-canale, ostacola la diffusione verso il largo del deflusso fociale, costringendo la dispersione dell’acqua dolce ( sedimenti) nella direzione Est-Ovest parallela al litorale.
Questa limitazione potrebbe essere accentuata dalla costruzione della nuova banchina in progetto e che, per effetto del suo posizionamento, riduce la possibilità di deflusso verso Est […]”.

E nemmeno è stato tenuto in considerazione allora dalla commissione ANPA-De Girolamo  il fatto che, in fase di approvazione del progetto del Genio Civile OO.MM. :
…Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in sede di voto ritenne soddisfacenti i chiarimenti ulteriori riguardo gli accessi via terra alla zona dell’avamporto e circa il trasporto solido del fiume Pescara.
Per quanto riguardava il trasporto solido del fiume Pescara il Genio Civile OO. MM. assicurava tale quantità limitata, asserendo che il bacino portuale in pratica funzionava da vasca di decantazione per il materiale solido. Tale situazione veniva confermata dalle risultanze delle operazioni di escavazione di materiale prevalentemente fangoso eseguite all’interno del bacino portuale (nell’ordine di circa 50.000 m3 all’anno)…
Affermazioni veritiere, che si riferivano a dati storici, ma non si specificava da parte del Genio Civile che l’altro fango espulso in velocità  dalla canaletta (3/4 nodi con una portata media annua del fiume di 50 mc/s.nel 2000), così progettata dall’ing. Mati nel 1868 per “aumentare l’ impeto della corrente”, era comunque di importante consistenza,  ma difficilmente quantificabile trattandosi di limo in sospensione, e sarebbe andato a sommarsi, trovando il deflusso ostruito come affermava l’ing. Matteotti, ai notevoli interrimenti creati già dalla diga e dal bacino di levante, rilevati dalle batimetrie 3D di fig. 22 dell’ing. Mario Russo ed esplicitate nella foto di fig.16.
Tant’è vero che il Genio Civile OO. MM., ignaro, aveva concluso che erano da escludersi “interramenti di una certa quantità nell’avamporto” ed “interventi straordinari di escavazione” conseguenti.
Per cui in seguito agli allarmi per i progressivi interrimenti dei pescatori e di illustri professionisti circa la progettata costruzione del bacino di levante, fu dato incarico dal Ministero delle Infrastrutture nel febbraio 2001 al gruppo ANPA-De Girolamo di effettuare delle verifiche ed esso affermò che:

Roma, Febbraio 2001
          Berti D., Lalli F., Mozzi M., Miscione F., Porfidia B., Vittori E. 
A.N.P.A. Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente
(poi diventata A.P.A.T. di cui alla Relazione Tecnica Generale del P.R.P. in oggetto) e
De Girolamo P.
Università degli Studi di L'Aquila
… 4.1 Sicuramente le difficoltà lamentate da alcuni operatori portuali nell'individuare, in condizioni meteomarine avverse, il migliore canale di accesso all'imboccatura Ovest del porto, possono essere superate indicando con opportune segnalazioni il canale di accesso e garantendo, con l'esecuzione di dragaggi periodici, una profondità minima. … La profondità minima da garantire all'interno del canale e la relativa larghezza andranno fissati tenendo conto delle dimensioni e delle immersioni delle imbarcazioni che attualmente ed in futuro saranno destinate ad utilizzare tale imboccatura (sic !, ndr).    Per quanto riguarda la sedimentazione che ha interessato il canale Est di accesso al porto, l'eventuale decisione di realizzare il molo di levante implica l'esecuzione di un dragaggio.
…4.2 Realizzazione del molo di levante sulla base del progetto attuale.                               Sulla base degli studi finora eseguiti, si può affermare che in assenza di ulteriori provvedimenti finalizzati ad impedire il deflusso delle acque fluviali verso Ovest, la realizzazione del molo di levante potrà causare, in concomitanza alle condizioni ambientali più frequenti durante il periodo estivo, un peggioramento, seppur contenuto, degli indicatori di qualità dell'acqua marina lungo il litorale posto ad Ovest della foce fluvialePer contro, la realizzazione del molo di levante produrrà certamente un miglioramento in termini di riduzione del moto ondoso che penetra all'interno del porto-canale con mareggiate provenienti da Est (come provato dai test svolti presso la società Estramed)…
( !, ndr)

Ma ancora la commissione non considerava che nella sua relazione dell’aprile  2000 l’arch. Alberto Polacco aveva messo in evidenza che:  il progettista (il Genio Civile) asserisce che…chiudendo il porto in pratica da tutte le direzioni le acque risultano calme, dimenticandosi che su quel porto c’è la foce di un fiume”..”.Si può confermare che un bacino così ”trincerato” sarebbe anche in grado di difendere una forza del mare ancora più ingente ma che però non ha nessuna condizione idraulica per essere definito porto, in quanto destinato ad interrarsi”.


In conseguenza di queste valutazioni l’ing. De Girolamo e l’ANPA/APAT, sempre su incarico del Comune, nell’intento di trovare qualche tempo dopo una soluzione alla situazione creatasi alla foce del porto di Pescara, diedero molta importanza al trasporto solido del fiume e pochissima invece all’effetto determinante di interrimento della diga e del braccio di levante.
Da questa errata valutazione deriva la soluzione 11 escogitata dall’APAT, pag. 10 R.T.G.: nonostante la relazione di Matteotti, di Polacco, di Tomasicchio e delle batimetrie in 3D dell’ing. Russo (vedi disegni) non avevano capito che l'interrimento è provocato dalla diga e l'apporto del fiume è solo importante ma non determinante.


E profetica, purtroppo, si rivelò l’intuizione di Antonio Spina, ex pescatore, il 19 febbraio 2000, quando scrivendo a tutte le autorità, dopo aver visto i primi interrimenti intorno al moletto (fig.10), lanciò l’allarme per gli interrimenti futuri  che sarebbero stati causati dalla presenza della diga foranea e  affermò che: …”Se invece il Genio Civile OO.MM., il sindaco Pace e gli altri sponsor della diga e dell'altro braccio insistono nelle loro posizioni, firmino alla cittadinanza una cambiale in bianco per la cifra che servirà, fra 5/6 anni, a scavare l'acquitrino che si sarà formato davanti al molo e a rimborsare i pescatori e gli operatori marittimi, che molto probabilmente dovranno trasferirsi tutti ad Ortona.”…


Quindi a conclusione delle considerazioni di questo paragrafo, è secondo noi prevedibile che le nuove dighe previste dal P.R.P. degli ing. De Girolamo e Noli (fig. 1) creeranno degli interrimenti ancora superiori sia nel bacin0 pescherecci sia nel bacino commerciale, con enormi difficoltà alla navigazione e con il bisogno di reperire grandi risorse finanziarie per le necessità di dragaggio che abbiamo già sperimentato con l’attuale assetto di porto, come sopra documentato.




2)     TRAVERSIE CON MOTO ONDOSO/INGRESSI - Il bacino per i pescherecci, a nord del fiume, prevede un ingresso per 310°-Nord/ovest (maestrale).

                                         

Con condizioni meteo-marine di traversia da Nord (tramontana) e Nord-Nord-Est( greco-tramontana) o Est (levante), i più frequenti e  più intensi: vedi sotto grafico moto ondoso, fig. 23

Figura 23: moto ondoso anni 1989-2008 boa ondametrica di Ortona


l’ingresso nella darsena pescherecci sarebbe oltremodo difficile, e ancora peggiore di quello a scirocco di adesso, perché i pescherecci dovrebbero offrire il fianco sinistro al mare mosso e a quelle che sono le più frequenti e forti mareggiate, quelle da nord e NNE (da 0° a 40°).
Si veda in proposito il grafico delle andature che risulterebbero, secondo il PRP di Noli/De Girolamo/Pavia, estremamente difficili per l’ingresso nella darsena pescherecci, pur considerando lo scarto di 28° gradi per una rotta di fuga dal mare mosso e rientro con andatura “al giardinetto” secondo le tradizioni dei paraggi e come da manuale di navigazione,  (fig. 24)
Figura 24


In pratica, avrebbero il moto ondoso per ¾ dell’anno (autunno, inverno e primavera) al traverso stretto o traverso pieno, da 345° a 45°, per rientrare nella darsena; e al traverso pieno o largo per l’altro quarto dell’anno (estate, fino all’autunno) con il levante, da 60° a 90°, (fig. 25):  

Figura 25: andature di rientro nella darsena pescherecci e nel bacino commerciale del PRP





Come è d’altronde evidente nei disegni in sovrapposizione del PRP con il moto ondoso prevalente nei paraggi (fig. 26):


Figura 26: moto ondoso su PRP




E allora viene da chiedere ai progettisti: SE UN PORTO NON E’ UN RIFUGIO SICURO QUANDO SI VIENE SORPRESI DAL MARE MOSSO, CHE PORTO E’ ?

A pag.24 e 25 della Relazione Tecnica Generale il progettista incaricato di redigere la parte “marittima” del P.R.P., ing. De Girolamo, afferma in tutta tranquillità invece che Per le tipologie delle imbarcazioni previste, è stata individuata la possibile rotta di accesso
ai diversi bacini portuali tenendo in considerazione gli spazi acquei ridossati alla traversia principale, nonché la necessità di evitare una manovra di accesso al porto nella quale il natante sia costretto ad un tratto eccessivamente lungo con andatura al traverso rispetto al moto ondoso”.
Ma l’esperienza marinara e il manuale di navigazione stabiliscono che l’imboccatura portuale deve essere scoperta secondo la rotta di accesso da una distanza sufficiente a vedere se ci sono natanti in uscita dal porto. Questo significa, nel nostro caso, navigare per una distanza notevole con mare al traverso e soprattutto imboccare l’ingresso con mare al traverso. Sia per entrare nella darsena pescherecci sia per entrare nel bacino commerciale.

Inoltre  lo sbarramento nell’avamporto della darsena pescherecci creerebbe, con moto ondoso da nord, un’onda di ritorno che sbattendo sui moli frontale e laterale andrebbe a sommarsi a quella in entrata, creando così nell’avamporto un mare incrociato dove sarebbe difficile manovrare. Come sarebbe pure difficile fare “lo slalom” fra il molo dell’avamporto e quello sottovento interno alla darsena.
E la punta nord della diga prevista dal PRP, ancora più imponente, si presume creerà interrimenti ancora più pericolosi di quelli creati dalla diga attuale, che ha reso impossibile da anni l’ingresso da nord.
A meno che non si ricorra a dragaggi importanti e indesiderati come più sopra relazionato.
 Checché ne dica il progettista a pag. 25 della R.T.G.: “In conclusione i risultati ottenuti mostrano come per i diversi bacini in progetto le profondità delle imboccature portuali garantiscano, salvo qualche caso particolare, l’ingresso alle imbarcazioni in condizioni di sicurezza senza che si verifichino spiacevoli fenomeni di frangimento in prossimità delle imboccature portuali.” E’ invece presumibile che il moto ondoso all’imboccatura sarà accentuato dai bassi fondali, formando quelle onde frangenti pericolosissime per la navigazione già sperimentate all’ingresso da NW con la diga attuale, quando nei primi anni gli interrimenti progressivi non ne avevano ancora precluso l’ingresso (nel 2000-2001).

A pag. 16 della R.T.G. i progettisti affermano che sono previste delle tubazioni che facciano passare l’acqua dolce dal fiume alla darsena, che è in acqua salata, per evitare le note incrostazioni alle chiglie delle barche lì ormeggiate. Ma ci viene da far notare che il peso specifico dell’acqua, inferiore a quello dell’acqua salata, fa sì che, come risultò dalle analisi fatte nel 2001 dall’Istituto Idrografico dentro e fuori la diga (per vedere allora se essa facesse passare fra le sue “maglie” l’acqua del fiume) risultò che all’interno della diga l’acqua dolce galleggiava sulla salata con uno spessore di circa 50 cm.,massimo. Fuori non ce ne era proprio (la diga è completamente impermeabile, al contrario di quanto affermava allora il Genio Civile). Ma le chiglie dei pescherecci vanno dai 2,50 ai 3,50, se non di più in qualche caso. Per cui dentro il fiume hanno tutta l’acqua dolce necessaria a proteggere la chiglia dalle incrostazioni, cioè soprattutto quando sono ferme, essendo il cuneo marino limitato alla linea di spiaggia (quindi più o meno all’altezza della Madonnina). Nel caso della darsena invece non solo il passaggio di acqua dolce dovrebbe essere totale e grande, ma anche se ciò avvenisse le carene sarebbero comunque immerse nell’acqua salata quasi completamente (sotto i 50 cm. di acqua dolce in superficie).

Inoltre l’ormeggio nella darsena, secondo i particolari della R.T.G., dovrebbe avvenire con manovra di poppa, eliminando il più comodo ormeggio in andana, anche doppia, che facilita le manovre e lo scarico del pesce, e il carico dei materiali vari o le manutenzioni.

Dall’altra parte l’ingresso al bacino commerciale si presenta per 98° (levante-scirocco), quasi come quello di adesso. Sappiamo tutti quali difficoltà hanno ora sia le navi sia i pescherecci ad entrare dall’ingresso a scirocco tra la diga e il braccio di levante.
E non consideriamo nemmeno le secche che negli ultimi due anni hanno reso più difficile  la manovra.
Parliamo delle difficoltà enormi e rischi di affondamento che i pescherecci hanno corso già nel 2005, 2006 e negli anni seguenti alla costruzione del braccio di levante rientrando in porto con mare in burrasca da Nord. Mai era accaduto prima con la vecchia imboccatura a nord-est, per tutto un secolo, che i pescherecci avessero avuto problemi o corso rischi per rientrare anche con mare in burrasca. Il problema era solo quello che la larghezza dell’imboccatura fosse un po’ stretta, superato dall’abilità dei comandanti.  Ma tornando all’ingresso del nuovo P.R.P. del bacino commerciale, pur avendo il nuovo bacino più spazio sottovento per manovrare, pensiamo che la nuova  imponente diga creerà in poco tempo enormi interrimenti che ridurranno tale spazio.
Di modo che, dovendo scoprire l’ingresso del porto in sicurezza, il tratto da percorrere per le navi con mare al traverso da nord sarebbe lungo e pericoloso. E questo per molti giorni dell’anno. Tale, probabilmente, da costringere la Capitaneria ad emettere una nuova Ordinanza di divieto di ingresso già con mare forza 4 da nord, essendo quello il moto ondoso prevalente (vedi fig.25).

Una nave mercantile si può mettere alla fonda e aspettare che il mare si calmi. Ma ad un traghetto passeggeri sarà impedito l’ingresso in porto con inevitabili conseguenze di disagi per i passeggeri e i mezzi trasportati, nel caso dovesse essere dirottato su Ancona come in passato o in altro porto (Ortona).


3)     DARSENA PESCHERECCI/COLLEGAMENTI E VARIE - I collegamenti a terra dalla darsena pescherecci ci sembrano impossibili data la presenza della piazzetta della Madonnina e della frequentatissima riviera, da un lato. Di certo non è pensabile che, dall’altro lato,  possano avvenire dirottando l’intero traffico della darsena  pescherecci (auto, furgoni, tir per rifornimenti delle pompe di gasolio,…) sullo stretto, e anch’esso frequentatissimo, molo nord, o spostando la vasca di raccolta delle acque reflue, situata tra la piazzetta e la Lega Navale, all’inizio del molo nord, come descritto a pag. 16 della Relazione Tecnica Generale. Operazione che ci sembra tanto costosa quanto velleitaria (fig. 28).
Come pure ci sembra velleitaria l’affermazione nella R.T.G. a pag. 17  in cui si afferma che siccome l’APAT decise che il bacino pescherecci dovesse essere posto a nord del fiume sia giusto così. Motivazione discutibilissima perché vuota di argomentazioni: “siccome lo dico io, è giusto così”.
Inoltre, come asserito  più sotto nella R.T.G., non ci risulta che alcuna imbarcazione abbia mai ostruito il fiume, nemmeno nella famosa alluvione del ’92. In quell’occasione qualche vecchia barca, male ormeggiata, finì fuori dei moli guardiani (basta rivedere i filmati dell’epoca).  Altrimenti le 50/60 barche ormeggiate  allora sul fiume sarebbero dovute andare tutte a incastrarsi sotto la Madonnina, all’ingresso della canaletta.

Ancora  più sotto, nella R.T.G., si afferma che si eliminerebbe il problema del dragaggio, togliendo i pescherecci dal fiume. Ma a parte il fatto che l’unica manutenzione di cui ha avuto bisogno il porto di Pescara è il dragaggio di 30/50.000 mc. all’anno nel bacino vecchio, come previsto fin dall’inizio dall’ing. Mati e come aveva dichiarato a suo tempo anche il Genio Civile OO. MM., manutenzione sopportabile da qualsiasi amministrazione per il porto della città più importante della sua regione, e come avviene anche in porti che non sono porto-canale, non riusciamo a capire per quale motivo il dragaggio sarebbe causato dalle “mareggiate intense” o a qualche “piena fluviale”. Motivazioni storicamente e tecnicamente prive di giustificazioni, in quanto le prime non hanno mai avuto influenza dentro il canale (prima del lisciamento delle palafitte), le seconde hanno avuto solo l’effetto di ripulirlo, come previsto anche dall’ing. Mati nel 1868.

Pensiamo invece che grandi manutenzioni di dragaggio saranno necessarie all’ingresso e all’interno della darsena per la presenza della nuova enorme diga foranea e per le batimetrie naturalmente basse che il quel punto torneranno a prevalere, come succede in tutti i porti (per esempio Ortona, che avendo anch’esso un fondale sabbioso ma posto più fuori dalla linea di costa perchè sulla punta di un promontorio e quindi con fondali più alti, ha bisogno anch’esso di dragaggi importanti. Le batimetrie interne al porto tendono sempre a riformarsi uguali a quelle esterne.  Quindi se si scava la sabbia per portare i fondali oltremisura, la natura dopo poco tempo riempie il vuoto creatosi, di nuovo. Insomma anche Ortona, che ha un fondale sabbioso e non roccioso, ha bisogno delle stesse cure, il dragaggio, se si cerca di ottenere al suo interno profondità superiori a quelle naturali esterne. E senza la presenza del fiume).

Per quanto riguarda quanto affermato qualche rigo più sotto nella R.T.G., sulla qualità pessima delle acque del fiume Pescara che condiziona il dragaggio, riteniamo piuttosto che l’opera di bonifica del fiume dovrebbe essere invece doverosa sia per la facilità del dragaggio sia per l’ambiente.

E per ambiente intendiamo anche quello cittadino. Infatti, come si dimenticano i progettisti a pag.35 nella R.T.G., con il risanamento del fiume sarebbe doveroso il risanamento architettonico del vecchio Circolo Canottieri, che per forza maggiore si è dovuto spostare, inutilmente, sulla spiaggia della Madonnina sottoposta ai venti del nord. E’ risaputo che il canottaggio avviene sui fiumi o su laghi piccoli, dove le acque sono normalmente tranquille e non sul mare dove facilmente si può creare moto ondoso che sarebbe di ostacolo anche se fosse di modesta intensità, e a Pescara il Circolo Canottieri sul fiume è sempre stato un punto di riferimento per giovani e non giovani. Con un fiume pulito e un edificio restaurato potrebbe rinascere.

Quanto al Trasponde lasciamolo a Tex quando dovrà attraversarlo con il cavallo al seguito; i giovani che vanno la sera dal parcheggio dei Canottieri a Pescara vecchia fanno prima a passare a piedi il ponte D’annunzio lì sopra.
Quelli del Trasponde ci sembrano proprio buoni soldi sprecati, caro arch. Pavia !



Ancora a pag. 21 della R.T.G. si afferma che ci sarebbe un notevole “miglioramento dell’aspetto e della vita della città”: ? Sfugge sicuramente ai progettisti della parte terrestre del Piano, l’arch. Pavia, che il porto-canale è stato sempre motivo di attrazione per i cittadini e per i turisti: per le sue attività di manovra, per le reti disposte sulle banchine ad asciugare per essere riparate, per le attività dei retieri, per i crocchi di pescatori che chiacchierano, per le barche che da sole costituiscono motivo di attrazione.
Basta passeggiare nei fine settimana sulle banchine (la sud dovrebbe essere aperta come la nord, solo in questo ha ragione Pavia, ma lo diciamo noi da anni) per vedere  turisti o cittadini armati di telecamere e macchine fotografiche. O circolare sulla pista ciclabile che percorre tutta la nord ma che  potrebbe percorrere anche la sud.
Le attività sopradette sono sempre state un’attrazione e quindi non vediamo il motivo di isolarle 500 metri fuori della piazzetta della Madonnina, nella darsena. 


Figura 27



Inoltre dal punto di vista dei velisti (i derivisti) del circolo nautico “Il quadrante” e della L.N.I., situati sulla spiaggia davanti alla piazzetta della Madonnina, vediamo messe a dura prova le loro abilità nautiche, perché dovrebbero manovrare di bolina (controvento) contro i venti prevalenti da nord e su un fondale che sarà sempre più basso per via degli interrimenti e quindi con l’impossibilità di abbassare la deriva per evitare lo scarroccio e poter uscire dalla rada. Adesso senza la darsena hanno ancora spazio per manovrare, dopo pensiamo che sarebbe molto difficile, se non impossibile.



4)     IL BACINO COMMERCIALE E LE CORRENTI LITORANEE - Il bacino commerciale è destinato ad interrarsi come quello peschereccio a causa della grandezza e della posizione della nuova diga foranea, ancora più imponente di quella vecchia (vedi figura 27, prec.). Quindi si prevedono interrimenti e spese di dragaggio ingenti.

Per di più l’ingresso, come dicevamo, è rivolto a Est-Sud-Est, 98°, Levante/Scirocco (vedi figure 25 e 26), più o meno come quello attuale dell’avamporto e poco diverso da quello  del porto turistico, Sud-Est 135°: è risaputo  che quell’ingresso è sbagliato
e crea difficoltà di navigazione ai diportisti, sia a causa della direzione d’ingresso in caso di traversia da nord, sia a causa degli interrimenti causati dal prolungamento (dall’antemurale) della diga esterna e dall’accumulo di sabbia proveniente con le correnti da sud,  come è evidente anche dalle foto 28, 29 e 30 seguenti.



Figura 28: la controcorrente litoranea proveniente da sud, trovando l'ostacolo del molo guardiano di levante (dove è attraccata la Tiziano), accumulatasi negli anni dopo la costruzione del porto-canale ai primi del ‘900, ha creato un dislivello fra la spiaggia sud e quella nord. Foto degli anni '70, PRIMA della costruzione del porto turistico. E' evidente l'afflusso di sabbia con la controcorrente da sud, che non c’era ai tempi della foce libera nel secolo precedente.
        



Figura 29, allegata al PRP, come è pure visibile nella situazione del dopoguerra: evidente l’accumulo di sabbia da sud sul molo di levante e la sottile striscia di spiaggia del molo nord.

                                                                              

Quando i progettisti del PRP affermano a pag. 29, rigo 26 della Relazione Tecnica Generale l’esistenza dell’insabbiamento dei “tratti di costa posti subito ad est ed a ovest del porto esistente” dimenticano la presenza della diga foranea e che tale effetto è il risultato degli interrimenti provocati da essa e non dalle “ correnti che si alternano verso nord-ovest o verso sud-est”.


Perché, come è dimostrato nello studio dell’ing. Marconi/De Marinis, dalla foto all’infrarosso n. 30  sottostante, della costa abruzzese-marchigiana, alla corrente longitudinale principale discendente verso sud-est sulla costa adriatica italiana si contrappone una controcorrente litoranea che risale verso nord-ovest: ciò è dimostrato anche dalle figure n. 30, 31, e dalla figura n. 32,


Figura 30: foto all’infrarosso delle correnti sulla costa adriatica



Dalla foto è evidente che ci sia, ma non è misurabile l’ampiezza della stessa, anche se dicono gli autori :  http://portodipescara.blogspot.it/2012/02/difese-di-spiaggia-degli-ing-marconi-de.html
…”Il regime pertanto del litorale è caratterizzato dal materiale della spiaggia e dell'area compresa tra la linea di battigia e la zona di frangimento, dal materiale che viene mosso sotto l'azione delle onde e delle correnti ed infine dalle quantità di esso acquisite o perdute.
I fenomeni di erosione e ripascimento (cioè apporto) non costituiscono una novità: è un fenomeno naturale.
La linea di battigia non è altro che un equilibrio tra protendimento ed erosione, in diretta relazione, però, con i quantitativi di materiali apportati o meno dai fiumi e trascinati o meno dal mare fuori della piattaforma litoranea .
Pertanto l'inamovibilità della linea di battigia è assicurata solo da un equilibrio fra i quantitativi dei materiali trasportati verso gli abissi e quelli apportati dai fiumi”.. .
.           Anche se secondo le esperienze marinare la distanza tra la linea di battigia e la zona            di frangimento è di circa 1 miglio marino.


Figura 31: la spiaggia nord di Pescara negli anni '70, PRIMA della posa delle scogliere frangiflutti a fare ripascimento (interrimenti). La linea di battigia, dopo la costruzione del porto-canale, si era modificata, mancando l’afflusso di sabbia da sud . La posa dei moletti  verticali non risolse il problema perché si creava erosione sui versanti nord e un piccolo ripascimento sui versanti sud degli stessi.




Poichè  la controcorrente litoranea da sud creava un ripascimento modesto sul versante sud  dei moletti, furono poste in opera negli anni ‘70 le scogliere frangiflutti, a protezione dalle mareggiate provenienti da levante, che erano e sono le più erosive, e che avevano causato il crollo di alcuni stabilimenti balneari del lungomare nord pescarese.





    Figura 32: spiaggia nord pescarese 2008, rinata dopo la posa delle scogliere frangiflutti, esposte a levante

                
    
Così fu risolto il problema di ricreare la spiaggia (interrimenti) pescarese, ma fu creato il problema alla spiaggia di Montesilvano, anche per altri errori nel posizionamento delle scogliere, ma perché come spiegato nello studio Marconi/De Marinis le scogliere frangiflutti creano “interrimenti sottovento ma creano erosione a nord e a sud dove esse terminano”.  

Lo stesso effetto di grandissimo interrimento dell’avamporto fu creato dalla grandissima diga foranea, e non dalle correnti di sud-est e nord-ovest a cui fanno menzione i progettisti, diga che altro non era se non una enorme scogliera frangiflutti, come quelle che abbiamo visto sopra.
Peccato però che se le spiagge hanno bisogno di sabbia, i porti invece hanno bisogno di acqua !

            Come è evidente dalla foto all’infrarosso sottostante:

Figura n. 33: foto dell’anno 2001, DOPO la costruzione della diga foranea e del porto turistico. In evidenza l’accumulo di sabbia all’ingresso del porto turistico provocato dalle controcorrenti litoranee provenienti da sud e anche dall’effetto d’interrimento del braccio (antemurale) del porto stesso.

Dal lato nord, nell’area della Madonnina e sotto i trabocchi anche , dove c’era erosione prima della costruzione della diga foranea (vedi figura 8), l’effetto interrimento della stessa ha messo in secca tutta l’area, oltretutto senza l’apporto del fango del fiume, che seguendo il flusso della controcorrente litoranea e l’effetto di “rimbalzo” della diga scorre più a nord andando ad influenzare piuttosto i primi stabilimenti balneari che l’area dei  trabocchi.
 Come è meglio visibile nella foto n. 34 sottostante,  eseguita con tecnica diversa.




Figura 34: in evidenza il flusso del fiume che non influenza l’area dei trabocchi e della Madonnina





Quando i progettisti affermano (a pag. 30  della Rel. Tec. Gen.) che la sabbia proveniente da sud sarà tutta raccolta dal molo del porto turistico si lasciano andare a previsioni che non tengono conto del fatto che l’eccesso di sabbia, che non sarà trattenuta da esso, andrà comunque a depositarsi all’ingresso del bacino commerciale e che è presumibile fin d’ora che l’ampiezza di tale corrente sia maggiore dei 500 metri dei moli guardiani, e sia  “dell'area compresa tra la linea di battigia e la zona di frangimento” come specificato nello studio di De Marinis, e che possiamo stimare essere di circa 1 miglio marino  e che il trasporto di sabbia riguarderà quindi direttamente anche il bacino commerciale.

Ma rimane il fatto che la nuova diga del bacino commerciale, oltre che raccogliere la sabbia proveniente da sud, sicuramente creerà al suo interno degli interrimenti, viste le situazioni già verificatesi nel porto attuale e illustrate dagli studiosi  di cui sopra (Tomasicchio, Polacco, Marconi/Franco).



5)      LA DEVIAZIONE DEL FIUME - Il fiume, secondo il progetto di P.R.P., dovrebbe essere deviato, come se fosse una operazione semplice e senza conseguenze (per la forma degli argini,  per la profondità e la larghezza dell’alveo,…).



Figura 35: deviazione del fiume





Sembra più che ci sia l’intenzione di abbandonarlo a se stesso, sporco come adesso, invece di bonificarlo (che sarebbe invece necessario secondo il buon senso civico ma anche secondo le norme ambientali, non ultime quelle europee che prevedono, fra poco tempo, gravi sanzioni).

Inoltre farebbe due curve: lo sanno anche gli idraulici che l’acqua, quando incontra le curve, rallenta. I progettisti nella Rel.Tec.Gen., asseriscono di aver preso ad esempio le curve dei moli del porto sul fiume Urola, a Zumaya, sulla costa basca del golfo di Biscaglia in Spagna.
Ci siamo aiutati con una foto Google (figura 36) . Intanto c’è da dire che sono evidenti gli interrimenti nelle curve lungo il fiume, un poco più all’interno,  e che  nell’ultimo tratto dal porto turistico fino allo sbocco a mare l’arco delle curve dei moli è insignificante.
Per cui ci sfuggono le motivazioni della Relazione Tecnica Generale al richiamo alle curve del porto sul fiume Urola, in quel di Spagna, a  Zumaya.




Figura 36. fiume Urola, ultimo tratto




Se i progettisti si riferiscono al tratto terminale oltre la foce, come esempio di velocizzazione del flusso, noi riusciamo a vedere solo una leggerissima esse di circa 390 metri di lunghezza, in cui il molo sottovento è circa la metà di quello sopravvento. Non riusciamo a capire quale legame ci possa essere con il PRP del porto di Pescara, tranne che per l’apparente estrosità del disegno a fare da specchietto, dove le curve previste per la deviazione del fiume sono molto più lunghe, circa 1300 metri, e più accentuate. E quindi con il rischio che si insabbino maggiormente e che abbiano poi bisogno di dragaggi frequenti.




Anche altre motivazioni  ci lasciano perplessi: possiamo ritenere che l’imboccatura del porto sul fiume Urola, nella città di Zumaya, sia stato così concepito solo con l’intento di creare una zona sottovento riparata dal dominante vento (e mare) del Mistral dove fare manovra per l’ingresso in porto senza il rischio di finire sugli scogli, se non ci fosse il molo sopravvento. Ma soprattutto con l’intenzione di mettere al riparo dal Mistral le spiagge sottovento.
A Pescara invece le motivazioni dei progettisti per la deviazione del fiume sono dettate dalla creazione del grande bacino commerciale e quindi dalla necessità di aggirarlo. E con la conseguenza di dover posizionare la darsena pescherecci in una posizione completamente sbagliata.
Per questo, come dicevamo prima, se il fiume fa le curve l’acqua rallenta, se l’acqua rallenta il fango si deposita di più. Se guardiamo le curve previste nel PRP per il tratto terminale del fiume Pescara, di circa 1 miglio, c’è solo da preoccuparsi sia per la distanza fra l’inizio e la fine delle due curve sia per la larghezza dell’alveo che da 44 metri attuali della canaletta  passerebbe a circa 70.
L’intenzione manifestata dai progettisti nella Rel. Tec. Gen. di aumentare il deflusso delle acque del fiume dal bacino vecchio otterrà semplicemente il risultato di “allungare”  il bacino vecchio di un miglio verso la foce e di aumentare, anche per la presenza delle due anse e per la larghezza dell’alveo, la sedimentazione dei fanghi in tutto il tratto.
A nulla vale la considerazione che essi fanno, quando affermano di aver ripreso le soluzioni dei porti del nord Europa: infatti, inoltre, in quei paraggi marittimi le escursioni di marea sono dell’ordine dei 10/15 METRI ed in fase di discesa la marea ripulisce con forza tutto il corso del fiume.                                                                                                 Nei nostri paraggi l’escursione di marea è dell’ordine di 30/50 CENTIMETRI e quindi non si vede come il fenomeno possa ripetersi: tant’è vero che, se fosse esatto quello che asseriscono, il bacino vecchio, durante un secolo di vita, non avrebbe avuto mai bisogno di dragaggio. Invece sappiamo che ne ha avuto bisogno ogni anno dei cento trascorsi dalla sua nascita.
Quindi bisognerà che l’ultimo tratto del fiume con le due anse e il bacino vecchio vengano dragati continuamente anch’essi, come storicamente è stato sempre fatto prima ma solo per il bacino vecchio, e come sarebbe necessario fare per le ragioni sopradescritte anche nei due nuovi bacini, peschereccio e commerciale.

Di modo che i costi di dragaggio complessivi di questo nuovo progetto sarebbero tripli. 

Con tutti i problemi che ci sono stati negli ultimi anni, quest’aspetto aggrava notevolmente la già problematica gestione del mantenimento generale dei fondali nel futuro porto, secondo il PRP.
Infatti se la velocità del fiume nella canaletta è attualmente di 3 nodi è solo perché l’ing. Mati nel 1868 previde che il bacino vecchio fosse la camera di raccolta e di spinta delle acque del fiume nella più stretta canaletta: “per aumentare l’impeto della corrente”. Il dragaggio era previsto nel solo bacino vecchio e per decenni non si è mai fatto nella canaletta, per via della velocità della corrente di cui sopra. Quando poi gli interrimenti creati dalla diga hanno cominciato a chiudere anche la canaletta sono cominciati i guai.
Perciò se l’intento dei progettisti è quello di abbandonare il fiume per evitare di dragare il bacino vecchio, come si è sempre fatto,  riteniamo che esso avrà bisogno con questa soluzione di altrettanti e più grandi dragaggi, per evitare che con gli anni si intasi tutto e le sue acque possano esondare verso la città se ci dovesse essere una pioggia eccezionale a valle delle gole di Popoli (vedi ne http://portodipescara.blogspot.it/2011/05/il-fiume-pescara-e-il-dragaggio-del.html , ...”le portate di massima piena del Pescara alla foce dipendono essenzialmente dalle precipitazioni che avvengono a valle della gola di Popoli, ed in particolare, dalla zona di Caramanico e S. Eufemia, ove tali precipitazioni sono più intense”…).

Ma per tornare all’imboccatura del fiume Urola, possiamo intuire per le conoscenze che abbiamo,  che sia influenzata soprattutto dal Mistral, anche se non abbiamo le statistiche dei venti di quei paraggi. Quindi i progettisti del PRP prevedendo un simile molo curvo, proteso a mare oltre la diga, vogliono copiare l’imboccatura del porto sul fiume Urola, per proteggere quello del fiume Pescara dai venti da nord. Asseriscono anche di voler evitare la barra alla foce e disperdere le acque limacciose del fiume Pescara verso sud-est.                                                                                                
Ma dimenticano che attualmente dove c’è la diga, all’esterno, ci sono 8/10 metri di profondità: quindi non vediamo come possa formarsi una barra e se anche si formasse non sarebbe certamente pericolosa per i piccoli natanti che essi pensano che vi dovrebbero transitare.                                                                                                          
E’ invece preoccupante indirizzare la corrente del fiume verso sud-est per il “ritorno” di sedimenti che potrebbe esserci all’ingresso del porto commerciale.

Insomma, come esempio, il porto sul fiume Urola non ci sembra proprio adatto alla situazione del porto sul fiume Pescara. 
Se proprio dovessimo scegliere una soluzione in quei paraggi, dove ci sono coste rocciose,  sceglieremmo…invece una soluzione sull’Adriatico italiano: Alberoni, Chioggia, Porto Garibaldi, Ravenna, Cervia, Cesenatico, S. Mauro a mare, Bellaria, Senigallia, Fano, Pesaro, Portocivitanova, Barletta, Molfetta, Brindisi,…   
Ma noi conosciamo i nostri, di paraggi. E sappiamo che l’esperienza secolare della nostra marineria ha individuato nell’imboccatura a 45° NE la migliore per entrare in porto, perché da quella direzione i venti e il moto ondoso sono irrilevanti e l’imboccatura a NE permette di entrare con mare al giardinetto sia con mare mosso dal quadrante nord sia con mare mosso dal quadrante sud-est.
Questo modo di navigare è andato bene per un secolo senza che ci siano stati incidenti alla foce, nonostante che l’imboccatura fosse larga solo 47 metri.
La barra alla foce, di ridotte dimensioni, non ha mai creato problemi per tutto quel tempo.
I problemi sono nati quando il Genio Civile ha lisciato prima le palafitte dei moli, poi quando ha costruito la diga e ha rivolto l’ingresso a SE, ma c’era ancora spazio per manovrare sottovento. Poi quando ha costruito il braccio di levante  e ha ristretto l’imboccatura in modo tale che non c’è stato più spazio per manovrare rientrando con moto ondoso da nord e gli incidenti per fortuna o per la perizia degli ottimi comandanti dei pescherecci del porto di Pescara si sono evitatiMa soprattutto perché, dopo qualche mese, con l’esperienza fatta,  in previsione di mare mosso i pescherecci hanno ridotto i tempi di pesca e hanno anticipato il rientro, pagandone le conseguenze in termini economici.



6)     TRAFFICO BACINO COMMERCIALE - Per quanto riguarda lo studio affidato ad Ecosfera spa del traffico sviluppabile con il nuovo bacino commerciale, leggiamo a pag. 43 della R.T.G. che il Quadro Strategico di Sviluppo prevede un trend di sviluppo generale per il traffico marittimo.
Non sappiamo a quale traffico Ecosfera si riferisca:
il traffico dei container nei porti italiani (e parliamo di porti che movimentano le grosse navi container) è agli ultimi posti in Europa e con l’incremento minore (+34%) rispetto ai porti del Nord, Rotterdam, Anversa,… (fonte Eurostat).
“Il recente addio di Maersk – prima compagnia al mondo di trasporto marittimo – al porto di Gioia Tauro è emblematico di come l’Italia non sia riuscita ad approfittare, nel contesto del boom di Cina e Paesi limitrofi, della propria posizione geografica che ne avrebbe dovuto fare l’approdo europeo naturale per le merci provenienti e destinate all’Estremo Oriente. Che, invece, scelgono spesso e volentieri altre strade, anche se più lunghe e teoricamente più costose.” http://www.linkiesta.it/porti-logistica#ixzz1xco0CqPX
Le variazioni del flusso delle navi portacontainer dall’Oriente sono a favore dei porti del nord Africa, per costi e facilitazioni burocratiche. Ma quest’aspetto non riguarda comunque il porto di Pescara , che riteniamo non sarà, nelle intenzioni di Ecosfera, un porto per container,  ma piuttosto i porti italiani del nord, quelli sì legati al corridoio Baltico-Adriatico per le loro mega strutture per container.


Il traffico crocieristico su navi di grossa stazza non potrebbe far capo al porto di Pescara sempre per motivi di bassi fondali. I progettisti prevedono una quota – 8, ma dragata. Quindi vuol dire che se tutto procedesse per il verso giusto la quota tenderà a ritornare normalmente a – 6/- 7, come è sempre stata fuori dai due moli guardiani (vale l’esempio del precedente paragrafo per il porto di Ortona). E quindi andrebbe dragato periodicamente per mantenere quota – 8.  Tutto questo escludendo gli interrimenti sicuramente creati dalla nuova diga foranea, che porterà le profondità a livelli preoccupanti non solo per il traffico crocieristico, che ripetiamo non potrà mai farvi capo, ma anche al traffico ro-pax e ro-ro (traghetti) previsti sulle altre banchine. Le ipotesi di traffico passeggeri in decine di migliaia l’anno e i collegamenti sulla traiettoria Spagna /Croazia citati dal rapporto P.R.P. a pag.62, per i motivi di cui sopra, ci sembrano fuori luogo. Infatti la stessa relazione  Ecosfera ammette che:  “le ipotesi di sviluppo tengono conto di una condizione minima fondamentale: l’utilizzabilità minima del porto pur impiegando inzialmente traghetti di dimensione ridotta…in primis per l’attivazione del corridoio V meridionale. Lo sfalsamento temporale può diventare un fattore di rischio letale…”.
Insomma si prevede che quelle banchine probabilmente resteranno vuote, non essendo per ora previste rotte di alcun tipo.


7)     COSTI DEL PROGETTO - Leggiamo dalla Relazione Tecnica Generale che il progetto costerà intorno a 120 milioni di euro. Ma secondo le valutazioni fatte dai nostri consulenti ingegneri ed architetti, con tutti i collegamenti alla terraferma, ammesso e non concesso che siano possibili come precisato nel punto 3, il costo complessivo sarebbe doppio. Basta considerare, fra gli altri a caso, solo il notevole costo del necessario spostamento delle stazioni di servizio per l’erogazione della nafta ai pescherecci e dello scalo di alaggio. 

Inoltre a pag. 65 della R.T.G. si afferma che non sarebbero più necessari i costi per mantenere operativo il porto-canale. Praticamente i progettisti fanno riferimento ai costi di dragaggio attuali con l’avamporto influenzato dagli interrimenti della diga foranea, mantenendo intatto l’assetto portuale odierno.
Dimenticano però che secondo le nostre valutazioni esposte sopra i costi di dragaggio nel P.R.P.  sarebbero tripli: per il bacino commerciale e per la darsena pescherecci a causa dell’enorme forza di interrimento della nuova diga foranea e dalla loro disposizione, e per il fiume che se fosse abbandonato a sè stesso si intaserebbe nell’ultimo tratto (bacino vecchio e il percorso delle due anse di circa 1 miglio) con grossi rischi di esondazione se si verificassero le condizioni meteorologiche descritte al punto 5, pag 41-42.

Con le difficoltà finanziarie del Governo negli ultimi anni ci sembra difficile che tale somma possa essere reperita nel breve termine, così come ci sembra difficile che un’opera così imponente possa essere completata in un tempo breve.
Ma le necessità di tutti gli operatori portuali (commerciali e pescatori) sono immediate. E la stessa città, che, si può dire senza paura di essere smentiti, è nata intorno al porto, si troverebbe ad essere priva del suo più importante polo economico (come già adesso avviene  per l’impossibilità di ingresso per le navi e per i pescherecci più grandi).


In considerazione di queste valutazioni negative, riteniamo che il Piano Regolatore suddetto debba essere ritirato e sia valutata ed accettata la soluzione allegata, più adatta alle esigenze storiche della marineria, degli altri operatori e della città stessa.




Con osservanza,
           
            Lucio Di Giovanni, comandante di M/P e presidente dell’Associazione Armatori
           
            Romeo Palestinocomandante di M/P e vice-presidente dell’Associazione  Armatori

            Francesco Scordella, comandante di M/P e rappresentante c/o CCIAA dell'A.A.

Guerino D’antonio, comandante di M/P e dirigente dell’Associazione Armatori                                                                                                             

Antonio Spina, ex-pescatore e velista
 Foglio di ricognizione del   14/04/1970 gente di mare n° 9222/3a                                                                                           Libretto di navigazione n° 11449/1°  del 29/07/1987-                                                                                           Patente vela-motore, senza alcun limite dalla costa, n° 3300 del 13/04/1999



Pescara, giovedì 14 giugno 2012


Allegati n° 49 pareri negativi dei (50) comandanti dei pescherecci del porto, in fotocopia.
(Gli originali sono stati depositati in Direzione Marittima il  1 febbraio 2012  e assunti a protocollo dalla stessa il 2 febbraio 2012)


Figura 37: facsimile



PS. La firma del 50° è arrivata fuori tempo massimo